Vortex da laboratorio: come la tecnologia semplifica la ricerca scientifica
È a tutti noto che negli ultimi decenni i progressi in ambito scientifico e in ambito tecnologico sono stati notevolissimi, grazie anche, ma non solo, al processo di digitalizzazione.
Questi progressi hanno consentito di mettere a punto dispositivi tecnologicamente avanzati che hanno migliorato l’efficienza e la precisione nei laboratori scientifici di vari settori.
Tra i tanti strumenti che nel tempo hanno portato a una sorta di “rivoluzione” in ambito scientifico c’è anche il vortex da laboratorio, un dispositivo utilizzato per la miscelazione rapida di liquidi e reagenti, facilitando l’effettuazione di analisi ed esperimenti.
La sua diffusione ha contribuito molto ad aumentare la produttività dei laboratori scientifici, visto che ha permesso di ridurre la variabilità dei risultati.
Cos’è un vortex da laboratorio
Il vortex è uno degli strumenti più utilizzati nei laboratori chimici, in quelli biochimici e in quelli di microbiologia; è noto anche come miscelatore a vortice.
Non è uno strumento di recentissima invenzione; è stato infatti ideato alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso da due americani, Jack Albert Kraft (1920-2001) e suo fratello, Harold D. Kraft (1918-1997). Il nome attribuito al dispositivo fu “vortex mixer”; il brevetto per questo apparecchio, che sarebbe diventato di utilizzo standard nei laboratori di tutto il mondo, fu concesso nel 1962.
Il miscelatore a vortex è dotato di un motore che, generando un moto circolare ad alta velocità (un “vortice” appunto), consente di miscelare rapidamente soluzioni contenute in provette o in altri contenitori da laboratorio di piccole dimensioni. Questo tipo di miscelazione è sfruttato soprattutto nell’ambito della biologia molecolare, in quello della chimica analitica e in quello della microbiologia, in quanto è importante ottenere soluzioni omogenee per la preparazione di campioni, reazioni enzimatiche, sospensione di cellule batteriche ecc.
I progressi tecnologici
Come facilmente si può immaginare, considerando che il miscelatore a vortex è stato ideato verso la fine degli anni Cinquanta, sono stati notevoli i progressi tecnologici negli ultimi 60 anni, anche se per quanto riguarda la struttura, non vi è poi molta differenza con il modello ideato dai fratelli Kraft.
I modelli più recenti e innovativi hanno sistemi di controllo che permettono di variare la velocità del motore e ciò garantisce una maggiore flessibilità nelle procedure di miscelazione. Di fatto, la maggior parte dei modelli attuali consente all’operatore di scegliere tra diverse velocità che possono variare da poche centinaia a diverse migliaia di giri al minuto (RPM, Revolutions per Minute).
Sono anche disponibili, a seconda delle specifiche esigenze, diverse modalità di utilizzo: manuale, continua e con sensore IR (sistema a raggi infrarossi); quest’ultima è una modalità che può attivare le vibrazioni senza che vi sia il bisogno di esercitare pressione.
Va anche sottolineato che i modelli più moderni sono concepiti in modo tale da assicurare un’ottima stabilità sul banco da laboratorio.
Quale impatto hanno avuto i progressi tecnologici sulla ricerca?
Com’è noto, uno degli aspetti fondamentali della ricerca scientifica è la riproducibilità; in sostanza, per considerare affidabile un risultato è necessario che vi sia la corrispondenza tra quelli delle misurazioni effettuate in condizioni diverse.
L’adozione di strumenti come il vortex da laboratorio ha permesso di migliorare in modo significativo la riproducibilità dei risultati, poiché ha di fatto eliminato la variabilità associata alle manovre manuali.
Questo punto è ovviamente importante in tutti gli ambiti, ma in particolar modo in settori delicati come dell’analisi clinica e dell’industria farmaceutica dove la riproducibilità è un requisito imprescindibile per la validazione dei risultati.
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