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La Terra sta veramente “ingoiando” gli oceani? Notizia incredibile o Fake News?


In rete sta circolando una notizia che, riprendendo  una ricerca pubblicata su Nature nel 2018,  evidenzia come il processo di subduzione trasporti nel mantello terrestre una quantità d'acqua tre volte superiore a quanto precedentemente stimato.

Analisi Critica:

  1. Titolo Sensazionalistico:

    • Il titolo della notizia che circola sui social viene spesso riportata in questo modo: "Incredibile ma reale: la Terra sta “ingoiando' gli oceani":  Il titolo utilizza termini come "Incredibile" e "la Terra sta 'ingoiando' gli oceani", che possono risultare allarmistici e sono lontani dalla terminologia scientifica. 
    • Sebbene il fenomeno descritto sia reale, l'uso di espressioni così forti potrebbe indurre i lettori a percepire una situazione più drammatica di quanto effettivamente sia.
  2. Quantificazione dell'Acqua Subdotta:

    • L'articolo menziona che "3 miliardi di telegrammi di liquido (equivalenti a 1 trilione di metri cubi) ogni milione di anni vengono 'inghiottiti' dalla Terra".
    • Questa quantificazione, sebbene impressionante, rappresenta una frazione relativamente piccola del volume totale degli oceani terrestri, che è di circa 1,332 miliardi di chilometri cubi.
    • Pertanto, l'affermazione potrebbe essere percepita come un'esagerazione se non contestualizzata adeguatamente.
  3. Implicazioni Sismiche:

    • L'articolo suggerisce che un aumento dell'acqua subdotta potrebbe incrementare la probabilità di terremoti, poiché l'acqua può alterare pressione e temperatura nel mantello.
    • Sebbene l'acqua influenzi la sismicità, l'affermazione potrebbe semplificare eccessivamente una relazione complessa che dipende da numerosi fattori geologici.
  4. Equilibrio del Ciclo dell'Acqua:

    • L'articolo sottolinea che la quantità di acqua subdotta è maggiore di quella espulsa attraverso vulcani e altri processi geologici.
    • Tuttavia, non viene approfondito come questo squilibrio possa influenzare il ciclo globale dell'acqua nel lungo termine, lasciando spazio a interpretazioni potenzialmente errate.

In conclusione la notizia riporta correttamente i risultati dello studio scientifico, ma l'uso di un linguaggio sensazionalistico e la mancanza di contestualizzazione adeguata possono portare a percezioni distorte della realtà dei fenomeni descritti.

È fondamentale presentare scoperte scientifiche in modo accurato e bilanciato, evitando esagerazioni che possano generare allarmismo o fraintendimenti tra i lettori.


Cosa dice realmente la ricerca pubblicata su Nature nel 2018 

La ricerca pubblicata su Nature da Chen Cai, Douglas A. Wiens, Weisen Shen e Melody Eimer nel 2018 affronta una questione fondamentale nel ciclo dell'acqua terrestre: il trasporto di acqua in profondità nella Terra attraverso le zone di subduzione, con particolare attenzione alla zona di subduzione delle Marianne. Lo studio utilizza dati sismici innovativi per calcolare l'input di acqua nei processi di subduzione, con risultati che suggeriscono una revisione significativa delle stime precedenti.

Contesto

Le zone di subduzione rappresentano l'unico meccanismo naturale per il trasporto di acqua dalle superfici oceaniche nelle profondità del mantello terrestre, ma il bilancio idrico di queste zone è ancora poco chiaro. Una delle principali incertezze risiede nella quantità iniziale di acqua contenuta nel mantello superiore della placca in subduzione. Studi precedenti basati su dati sismici attivi avevano suggerito che il mantello superiore della placca fosse idratato nella regione di flessione della placca vicino alla fossa oceanica, ma mancavano informazioni dettagliate sulla profondità di questa idratazione e si concentravano principalmente su placche oceaniche giovani.

Metodologia

I ricercatori hanno utilizzato dati sismici a banda larga raccolti sul fondo dell'oceano per creare immagini della crosta e del mantello superiore nella regione centrale della fossa delle Marianne. Attraverso l'analisi delle onde di Rayleigh, un tipo di onda sismica superficiale, sono stati in grado di misurare le variazioni delle velocità delle onde sismiche, che forniscono indizi sull'idratazione del mantello.

Risultati Principali

  1. Estensione dell'idratazione del mantello:

    • Le immagini sismiche mostrano che l'idratazione del mantello superiore si estende fino a circa 24 km sotto la discontinuità del Moho (il confine tra la crosta e il mantello terrestre).
    • Questa estensione è molto maggiore rispetto alle stime precedenti.
  2. Quantità di acqua subdotta:

    • I nuovi dati suggeriscono che la quantità di acqua trasportata nella zona di subduzione delle Marianne è almeno 4,3 volte superiore rispetto alle stime precedenti.
    • Questo valore tiene conto sia dell'acqua contenuta nella crosta subdotta sia di quella incorporata nel mantello idratato.
  3. Implicazioni globali:

    • Se altre placche in subduzione vecchie e fredde (simili alla placca studiata) presentano livelli di idratazione comparabili, il flusso globale di acqua verso il mantello profondo (oltre i 100 km di profondità) potrebbe essere tre volte maggiore di quanto stimato in passato.
    • Questa scoperta implica che i bilanci globali del ciclo dell'acqua nella Terra debbano essere rivisti.
  4. Espulsione di acqua dai vulcani:

    • Poiché un accumulo netto di acqua nelle profondità terrestri sarebbe incompatibile con i dati geologici a lungo termine, gli autori suggeriscono che anche le stime di acqua espulsa dai vulcani e dai bacini retroarco debbano essere aumentate.

Significato della Ricerca

Questo studio rappresenta un passo avanti cruciale nella comprensione del ciclo dell'acqua terrestre, evidenziando come le placche oceaniche vecchie e fredde possano trasportare quantità molto maggiori di acqua nel mantello rispetto a quanto si pensasse. I risultati non solo richiedono una revisione delle stime globali del flusso d'acqua, ma hanno anche implicazioni per la comprensione della dinamica dei vulcani, del ciclo dei fluidi nella Terra e della chimica del mantello.

Questa ricerca fornisce una base per futuri studi e stimola nuove domande su come i processi di subduzione contribuiscano all'evoluzione del nostro pianeta.



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