SE SAMANTHA CRISTOFORETTI, PER INAF, È UN ASTRONAUTA ITALIANO...
Non ci siamo. Dopo anni di sforzi, anche economici, dell'ESA, di avvicinare le ragazze alle materie STEM e allo Spazio, oggi la pagina Facebook ufficiale dell'ente di ricerca pubblico italiano INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica) continua a utilizzare il termine maschile quando esiste la corrispondenza femminile.
Intanto si potrebbe correggere "un'astronauta" aggiungendo l'apostrofo, come richiede qualsiasi vocabolo femminile.
E poi aggiungere il genere femminile "italiana" (che peraltro esiste nella lingua) all'aggettivo "astronauta".
Qualcuno potrebbe giustificare INAF, perché, nella frase successiva, tende a puntualizzare: "Un'italiana in particolare". Ma la pezza è peggio del buco.
Provate ad esempio per una volta a ribaltare i ruoli! Come suonerebbe la stessa frase se invertissimo i generi? Suonerebbe più o meno così:
Suona bene? Non vi sembra ridicolo?
insomma, il punto è questo: nonostante esistano i corrispettivi lemmi di genere femminile, c'è chi si ostina ancora a chiamare una donna "magistrato", "sindaco", "professore" e, appunto, "un astronauta".
E poi aggiungere il genere femminile "italiana" (che peraltro esiste nella lingua) all'aggettivo "astronauta".
Qualcuno potrebbe giustificare INAF, perché, nella frase successiva, tende a puntualizzare: "Un'italiana in particolare". Ma la pezza è peggio del buco.
Provate ad esempio per una volta a ribaltare i ruoli! Come suonerebbe la stessa frase se invertissimo i generi? Suonerebbe più o meno così:
[...] un altro accadimento di questo giorno riguarda un'astronauta italiana. Un italiano in particolare: Luca Parmitano."
Suona bene? Non vi sembra ridicolo?
insomma, il punto è questo: nonostante esistano i corrispettivi lemmi di genere femminile, c'è chi si ostina ancora a chiamare una donna "magistrato", "sindaco", "professore" e, appunto, "un astronauta".
E pensare che solo pochi giorni prima la stessa Samantha Cristoforetti aveva esposto la sua visione sul contenuto discriminatorio del termine maschile, e non solo quando esiste il suo corrispettivo femminile.
Qualche anno fa una persona si presentò come 'assessora' e io, come te, le dissi: "Suona proprio male!" Lei, gentilmente, mi rispose: "E 'cassiera' suona male? E 'infermiera'? E 'cameriera'?".— Samantha Cristoforetti (@AstroSamantha) 1 giugno 2019
Da quel giorno dico ''ingegnera' e nel frattempo per me suona normale come infermiera. https://t.co/tSMMgnxv02
L'astronauta Samantha Cristoforetti affermò qui un concetto che in pochi compresero fino in fondo (furono numerosi infatti coloro che provarono a gettare nel ridicolo la sua affermazione).
Tuttavia, come scrisse anche l'Accademia della Crusca: "Un uso più consapevole della lingua contribuisce a una più adeguata rappresentazione pubblica del ruolo della donna nella società"
E che i femminili siano utili lo dimostrano sia gli innumerevoli femminili professionali ai quali le nostre orecchie sono abituate più o meno da sempre (sarta, segretaria, regina), ma anche forme entrate nell’uso alla chetichella negli ultimi decenni come deputata (che trent’anni fa non era assolutamente scontata) o senatrice (che oggi ritroviamo in un prodotto pop come Guerre Stellari). Finché non ci sono state donne in quei ruoli la questione non si è proprio posta.
Allo stesso modo, la loro introduzione nell’uso non è frutto di un complotto dei poteri forti o della decadenza della lingua italiana, ma conseguenza della comparsa di sindache, ministre, assessore, avvocate e così via.
Sono i parlanti a decidere come evolve la lingua e non esiste alcun motivo linguistico per cui infermiera e maestra sarebbero corretti e ingegnera e ministra no. Le parole di una lingua non vengono selezionate basandosi su criteri di bellezza, bruttezza o cacofonia, ma in base all’utilità: se la comunità dei parlanti ritiene utile l’impiego di una parola, questa sarà usata, altrimenti no.
Insomma, la questione dei femminili professionali è politica e sociale piuttosto che linguistica: per i linguisti, se ci sono ministre, assessore, rettrici o calciatrici è del tutto normale appellarle così, esattamente come esistono le maestre, le infermiere e le imperatrici.
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