CON LA LOGICA D'IMPRESA LA CULTURA GENERA SVILUPPO ECONOMICO E POSTI DI LAVORO
Sappiamo tutti che la cultura è una cosa nobile, ma non si vende, o comunque non è facile vendere. Però poi pensiamo un attimo e constatiamo che in un concetto ampio di cultura rientra anche il cinema e lì si spendono un sacco di soldi, ma ci sono anche buoni rendimenti. Ci vengono allora in mente tante attività economiche che chiudono, soprattutto piccoli negozi, e pensiamo - giustamente - che gli operatori culturali, soprattutto in una situazione di economia stagnante, possono avere ancora un ruolo nell'unire le persone che fanno parte di una certa collettività.
Ma gli operatori culturali possono anche contribuire allo sviluppo economico (e dell'occupazione del nostro Paese)? La risposta è sì, a condizione che diventino imprese ovvero adottino la necessaria mentalità imprenditoriale, che è ancora poco diffusa fra coloro che iniziano un'attività in ambito culturale. Nel libro: "La (quasi) impresa - Manuale d'uso per operatori culturali", a cura di Hangar, pubblicato da Il Sole 24 ore si parla proprio di questo. Che cos'è Hangar? Hangar nasce da un’idea di Antonella Parigi, Assessore alla Cultura e al Turismo della Regione Piemonte ed è stato realizzato dalla Fondazione Piemonte dal Vivo grazie al contributo di Regione Piemonte e con il sostegno di Compagnia di San Paolo. Il progetto si è sviluppato grazie alla collaborazione di Paolo Cantù, Caterina Corapi, Anastasia Frandino, Laura Marasso, Carola Messina, Andrea Mosconi e Valeria Spada.
La logica di autosviluppo e autopromozione, consentita dalle nuove tecnologie, va portata anche nel mondo umanistico. Perché va bene produrre idee, ma occorre anche produrre valore economico. In un certo senso, le imprese culturali devono imparare la logica della sostenibilità economica dalle aziende commerciali, mentre queste ultime possono apprendere - da quelle culturali - come si possono ideare nuovi significati per vendere beni e servizi in un mondo ormai strapieno di qualunque cosa. D'altronde è ormai risaputo che cerchiamo sempre di più esperienze e narrazioni, piuttosto che oggetti e persino i musei, da luoghi di conservazione del patrimonio artistico si stanno trasformando in posti in cui si possono vivere determinate esperienze, che ci consentano di costruire un'identità.
Il settore culturale creativo impiega oggi 1,5 milioni di persone e contribuisce al 6% del Prodotto Interno Lordo. Ma è in crescita. Nel testo in oggetto si esaminano innanzitutto le caratteristiche della "quasi impresa culturale", si propone poi un nuovo modello grazie al quale tali imprese possano restare sul mercato (e crescere), si spiegano infine tutti gli strumenti che si possono ottenere da Hangar: business plan, fundraising, pianificazione, comunicazione strategica e project management.
Sono stato particolarmente colpito da alcuni elementi, che suonano familiari per chi ha studiato economia, ma non è detto che lo siano per tutti gli altri. Ad esempio, tutti pensano a creare l'idea, ma poi occorre fare una lucida analisi delle risorse che occorrono per realizzare il progetto: si tratta di risorse tecniche, umane e finanziarie. E poi bisogna verificare la sostenibilità finanziaria e quella economica, che sono concetti che io abitualmente insegno nei corsi di controllo di gestione. Il progetto è finanziariamente sostenibile se tutti gli investimenti necessari sono coperti da fonti di finanziamento, ma questo serve solo per partire. Poi bisogna anche resistere sul mercato e allora - prima di partire - è bene valutare la sostenibilità economica, cioè se i ricavi stimati per ciascun anno superano i relativi costi d'esercizio.
Insomma, la logica d'impresa va implementata nell'impresa culturale, sin dal progetto iniziale. E' così che la (quasi) impresa diventa impresa e la cultura può rendere, generare sviluppo economico ed anche posti di lavoro.
Dott. Walter Caputo
Laureato in Economia e in Scienze Statistiche
Specializzato in Amministrazione d'impresa e Finanza
Docente di contabilità, controllo di gestione e paghe e contributi
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