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LE RICADUTE DELLA PSEUDOSCIENZA NELLA CLINICA PSICOLOGICA


Dr.ssa Pugno e Dott. Trombotto
Quando ci è stato chiesto di partecipare al primo congresso nazionale dal titolo “Medicina e Pseudoscienza – La salute tra scienza e falsi miti nell’era 2.0”, ci siamo chiesti quale potesse essere il nostro contributo rispetto agli argomenti trattati da nomi importanti del campo medico e della divulgazione scientifica.
Invece di soffermarci sulla scientificità delle cure sul cancro, della validità dei vaccini, dell’efficacia degli psicofarmaci, di cosa accade sul web, abbiamo deciso di partire dalla nostra esperienza di psicoterapeuti e di riportare quali sono le ricadute della disinformazione scientifica in ambito clinico.


Alcuni dei nostri pazienti sono affascinati da tutto ciò che leggono sul cibo ed in particolare al tema del cibo che fa male. Negli ultimi anni, in corso di terapia, dopo aver cominciato a prendersi più cura di sé, alcuni pazienti hanno deciso di diventare vegetariani sia per una scelta etica, sia per la convinzione di migliorare il proprio stato di salute. Qualcuno ha cominciato a consumare cibi biologici, convinto che ciò significhi che i cibi non hanno ricevuto nessun trattamento chimico. Per far chiarezza su questa tematica consigliamo di leggere il libro di S. Fuso “Naturale = Buono?”.

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Idee strane si insidiano nel cervello anche rispetto a malattie come i tumori, fino ad arrivare a pensare che insorgano per i dispiaceri provati nella vita, come se un meccanismo psicologico avverso fosse in grado di trasformarli in un qualcosa di estraneo nel corpo. Alcune volte questi pensieri vengono trasmessi addirittura dal personale medico che si occupa della cura di soggetti malati, come è successo ad esempio alla signora Paola, mentre era in attesa per il suo ciclo di chemio, quando una infermiere le ha detto: “Sono tanti anni che lavoro qui ed ho capito che la leucemia viene a chi ha avuto dei dispiaceri nella vita”. Come ha raccontato in terapia, era poi pervasa da senso di colpa ritenendosi responsabile del tumore che aveva, per non aver saputo fronteggiare e superare i dispiaceri vissuti. La storia di Paola è stata molto interessante, perché mentre lavorava in terapia per rielaborare il vissuto sulla sua malattia, ha anche dovuto affrontare le difficoltà di sua figlia. Quest’ultima aveva sentito in ospedale i medici dire che la carne rossa è responsabile dell’insorgere di alcuni tumori. Risultato? Smette di mangiare carne da un giorno all’altro e a distanza di 5 mesi comincia a sentirsi sempre stanca, con problemi intestinali e un senso di malessere generale. Il valore del ferro scende a 3. Infatti cambi repentini di dieta, con eliminazione totale di alcuni alimenti, posso causare delle ricadute sul funzionamento del nostro organismo, come è successo anche ad Hu, che nutrendosi solo più di riso ed insalata ha incominciato ad avere problemi di concentrazione e memoria.

A causa della sempre più crescente attenzione per la salubrità del cibo, e con la scoperta di diverse diete (ad es. quella vegana), è cresciuta la preoccupazione per la propria salute. È cresciuta anche l'idea che il cibo faccia ammalare. Quando una persona durante la terapia comincia a prendersi cura di sé, potrebbe decidere che questo prendersi cura passi anche attraverso l'alimentazione, decide per il cambio di dieta, ma non mangiando meno e/o meglio, ma escludendo dei cibi. Nel tentativo di farsi del bene, finisce col farsi del male procurandosi carenze vitaminiche e deve poi fare marcia indietro.
Altro tema importante rispetto alle bufale, è legato alle informazioni che gravitano attorno agli psicofarmaci. Alcuni pazienti preferiscono fumare marijuana per calmare l’ansia, raccontandosi che sia biologica, evitano l’antidepressivo perché ritengono che faccia ingrassare, e lo sostituiscono con le vitamine. Quasi tutti i pazienti che abbiamo incontrato, pensano che lo psicofarmaco sia solo per i «matti», che crei dipendenza, che vada preso tutta la vita, che gli effetti collaterali siano superiori ai benefici. Quelli che li assumono, decidono di poterli autogestire, sia per modificarne le dosi, l’interruzione e la ripresa, spesso invalidando così l’efficacia del farmaco.

Abbiamo quindi raccontato alcuni dei falsi miti che gravitano intorno ai disturbi sessuali, in particolare a quelli del desiderio, riportando le credenze dei nostri pazienti, come Luca che pensava di risolvere gli arrossamenti del glande utilizzando una crema al timo, mentre aveva bisogno di una circoncisione o di Maria che desiderava essere sempre eccitata come Tessa in “After” o di Antonio che non capiva perché non aveva un’erezione a comando per avere rapporti occasionali con donne da cui non era attratto.
Abbiamo provato anche ad ipotizzare quali siano le persone più facilmente influenzabili dalla pseudoscienza attingendo dalla nostra esperienza e rifacendoci alla Teoria dell’attaccamento. Gli adulti ripropongono i modelli di relazione interiorizzati nell’infanzia grazie ai modelli operativi interni, ovvero rappresentazioni mentali che conducono le modalità di comportamento in quelle situazioni in cui il soggetto si prende cura.
Possiamo così supporre che chi non sia riuscito a costruire una “base sicura”, tende ad avere un minor spirito critico sulle informazioni che trova e si confronta anche meno con il mondo circostante per verificarne la veridicità. Questo succede soprattutto per chi si trova a fare i conti con la malattia, chi soffre perché non si piace o non riesce a dare una direzione e un senso alla propria vita, chi deve affrontare un lutto e interrogarsi sulla morte. Inoltre alcuni disturbi di personalità, come quello istrionico per la sua suggestionabilità, o quello paranoico perché percepisce il mondo come minaccioso, sono più facilmente influenzabili da informazioni verosimili e sono più disposti a crederci, fino a modificare il proprio stile di vita in virtù di queste.
Ricercando le informazioni sul web,
 i pazienti arrivano quasi sempre con auto-diagnosi corretta. Tuttavia, poi s’inventano soluzioni strane per risolvere i loro problemi e spesso innescano dei meccanismi di auto-mantenimento del disturbo. Di qui il nostro invito a rivolgersi sempre ad uno specialista.
Speriamo che questo contributo possa aiutare a far riflettere su come la pseudoscienza abbia facilità ad insinuarsi nella sofferenza delle persone cerando una falsa speranza, una soluzione fittizia. L’interrogativo finale: chi di noi professionisti in campo scientifico è anche un divulgatore scientifico?

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