30 DICEMBRE 2013: TRE ANNI FA MORIVA RITA LEVI-MONTALCINI
"Il corpo non importa, ciò che conta è la mente" - Rita Levi-Montalcini (22 aprile 1909 – 30 dicembre 2012). Tre anni fa ci lasciava il Premio Nobel Rita Levi-Montalcini.
Nel video del TG1 durante il suo funerale, notiamo l'attaccamento alla scienziata della gente comune. "Zia Rita" (come eravamo abituati a chiamarla tutti) aveva rifiutato ogni celebrazione pomposa di Stato. La folla che riempie il Cimitero Monumentale di Torino il giorno della cerimonia è fatta di persone comuni (nessun politico è stato invitato).
22 Aprile 1909. In Italia si costruivano le prime ferrovie, gli Italiani aspettavano con emozione il primo “Giro d’Italia”, la prima edizione della “Corsa Rosa” che si sarebbe svolta dal 13 al 30 maggio 1909.
Ma chissà se qualcuno si ricorderà di quella data per la nascita di un grande scienziato: Rita Levi-Montalcini. È proprio in quel giorno che a Torino nasce insieme alla sorella gemella Paola.
Come tutte le bambine di inizio secolo Rita, Paola e la sorella Anna crescono in un Italia che si sta evolvendo, ma dove essere donna voleva dire avere un ruolo sociale definito di madre, moglie e donna di casa.
Ma Rita si ribella a questi cliché imposti dalla società e contro ogni imposizione e anche contro la volontà del padre a vent’anni ottiene il diploma di maturità classica.
La domanda che vi pongo è questa: “oggi quanti di voi sarebbero disposti a lottare contro tutto e tutti per rivendicare ciò in cui credete?”.
La risposta non è semplice ma già da qui si mettono in luce le doti di questa giovane donna con le idee chiare: impegno, tenacia, ottimismo, voglia di imparare e curiosità.
“Dico ai giovani: non pensate a voi stessi, pensate agli altri. Pensate al futuro che vi aspetta, pensate a quello che potete fare e non temete niente. Non temete le difficoltà: io ne ho passate molte, e le ho attraversate senza paura, con totale indifferenza alla mia persona.”
Le parole di Rita Levi rispecchiano la forza di questa donna che dopo la maturità prosegue gli studi iscrivendosi alla scuola di Medicina di Giuseppe Levi, prima suo professore e in seguito amico e collaboratore. E così iniziano i suoi studi sul Sistema Nervoso Centrale, che come lei stessa ha definito “l’universo che è dentro ciascuno di noi. C’è forse un altro tema più interessante? Scoprire il funzionamento della mente!. Il cervello spiega tutto. Bisogna partire da qui. Il nostro modo di comportarci è più emotivo che cognitivo”.
E sicuramente di emozioni deve averne provate tante: nel 1936 ottiene la Laurea in medicina e chirurgia con il massimo dei voti, e a distanza di pochi anni scoprirà il significato dell’esilio in periodo fascista. Nel 1938 Mussolini pubblica “il Manifesto per la difesa della razza”, Rita, di fede ebraica, non rientra negli “accademici Italiani di razza ariana” che meritano un lavoro e un avanzamento di carriera. Si rifugia in Belgio, dove ospite dell’Università di Bruxelles continua le sue ricerche sul sistema nervoso.
Non ha più nulla, ma rientrata a Torino nel 1940, non si perde d’animo e si costruisce in casa un vero e proprio laboratorio. Continua i suoi studi accompagnata dall’amico Levi e non smette mai di lottare per ciò in cui crede: la scienza.
Nel 1941 i bombardamenti della seconda guerra mondiale la costringono ad andar via da Torino. Nel 1943 vivrà in clandestinità a Firenze dove diviene medico presso il quartier generale Anglo-Americano assegnata al campo dei rifugiati di guerra provenienti dal Nord Italia.
È qui che Rita capisce che questo non può essere il suo lavoro: troppo dolore umano e lei come medico non riesce a trovare il giusto distacco emotivo da tutto quel dolore.
Rita Levi-Montalcini ha solo 34 anni. Eppure ha dovuto abbandonare amici, famiglia, lavoro, e ha dovuto combattere contro pregiudizi, ostilità incontrando dolore e cercando di fare ciò in cui aveva sempre creduto: aiutare il prossimo, pensare agli altri prima che a se stessa.
La vita scorre, la seconda guerra mondiale finisce e gli studi di Rita Levi continuano senza sosta.
Nel 1947 Rita riceve un importante incarico dal Dipartimento di Zoologia della Washington University e quello che doveva essere un breve intervallo di studi americani si trasforma in più di 30 anni di attività e incarichi americani.
Ma è nel culmine della sua carriera che nel 1986 ottiene il premio Nobel per la medicina.
Il premio Nobel è un'onorificenza di portata mondiale, attribuita annualmente a persone che si sono distinte nei diversi campi dello scibile, «apportando considerevoli benefici all'umanità», per le loro ricerche, scoperte ed invenzioni, per l'opera letteraria, per l'impegno in favore della pace mondiale.
Viene all'unanimità considerato come l'encomio supremo dell'epoca contemporanea.
Il premio le viene assegnato per un importante scoperta sulla crescita delle cellule nervose del sistema nervoso centrale (fattore NGF).
Nella motivazione del Premio si legge: «La scoperta del NGF all'inizio degli anni cinquanta è un esempio affascinante di come un osservatore acuto possa estrarre ipotesi valide da un apparente caos. In precedenza i neurobiologi non avevano idea di quali processi intervenissero nella corretta innervazione degli organi e tessuti dell'organismo».
Anche in questa occasione Rita si dimostra essere una persona generosa e attenta agli altri; infatti devolve una parte del premio alla comunità ebraica per la costruzione di una nuova sinagoga a Roma.
Ma la generosità non si ferma qui ed è storia dei giorni nostri: nel 1992 ha istituito assieme alla sorella gemella Paola, la Fondazione Levi-Montalcini, rivolta alla formazione ed all'educazione dei giovani, nonché al conferimento di borse di studio a giovani studentesse africane a livello universitario (progetto “Un convitto per le ragazze Tuareg”), con l'obiettivo di creare una classe di giovani donne che svolgano un ruolo di leadership nella vita scientifica e sociale del loro paese, nella convinzione che:
“Solo con l’istruzione è possibile sconfiggere l’ignoranza”.
Alla domande della giornalista Concita de Gregorio dell’ “Unità”perché donne e perché Africa, Rita Levi risponde così:
“Perché guardi che cosa abbiamo fatto in Africa, dagli anni del colonialismo in poi. Guardi come l'abbiamo violentata e usata. Distrutta. Una tragedia spaventosa. Abbiamo preso le loro ricchezze e speculato sulle debolezze che abbiamo contribuito a creare. Abbiamo molto da restituire, molto risarcimento da pagare. In istruzione, certo. L'unica salvezza possibile per le genti di ogni luogo è l'accesso alla cultura».
E perché le donne?
«Perché le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente. Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale. Le donne sono la colonna vertebrale delle società. Pensi al nostro Occidente. Ho appena scritto un libro dedicato ai ragazzi, l'ho pubblicato con una casa editrice per giovani. Ne sono fiera. L'abbiamo intitolato "Le tue antenate". Parla di donne pioniere. Quelle che hanno dovuto lottare contro pregiudizio e maschilismo per entrare nei laboratori, che hanno rischiato di vedersi strappare le loro fondamentali scoperte attribuite agli uomini, che si sono fatte carico della famiglia e della ricerca. Lei conosce Emily Noether, la fondatrice dell'algebra moderna?»
E voi la conoscete? E chissà quante altre donne illustri e importanti nel mondo delle scienze rimarranno nell’oscurità soltanto perché fanno bene una cosa: il loro lavoro con impegno, ricerca e sacrificio quotidiano ma senza voler ostentare o “pubblicizzare” nulla di tutto ciò.
E sono certa che molte donne, di scienza e non solo, hanno visto in Rita Levi-Montalcini il simbolo della forza delle donne, di chi di fronte alle difficoltà e al dolore va avanti nelle sue convinzioni, con indipendenza, ottimismo, impegno e voglia di lavorare.
Oggi a 102 anni, la Senatrice Rita Levi-Montalcini è per tutte noi un esempio di ciò che significa combattere per ciò in cui si crede, nonostante gli obblighi sociali, morali e religiosi.
E se questo viene perseguito con onestà e sacrificio, con le nostre possibilità, le nostri doti e la nostra bravura raggiungeremo il i più bel premio della vita: rendere il nostro mondo migliore, per noi e per gli altri.
Ecco perché i premi che Rita Levi-Montalcini ha ricevuto in questi anni non possono essere che un grazie da parte di tutti noi a quello che lei ha fatto per rendere il nostro mondo migliore:
è stata nominata senatore a vita dal presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, il 1° agosto del 2001.
Oltre al premio Nobel, ha ricevuto numerosi altri riconoscimenti fra i quali cinque lauree honoris causa: dall'Università di Uppsala, dal Weizmann Institute di Israele, dalla Saint Mary University e dalla Constantinian University (USA), dalla Università Bocconi (Milano).
Ha vinto inoltre il Premio internazionale Saint-Vincent, il premio Feltrinelli e il premio Albert Lasker per la ricerca medica.
Il 22 gennaio 2008 è stata insignita della laurea specialistica honoris causa in biotecnologie industriali presso l'Università Bicocca di Milano.
Il 30 settembre 2009, per i suoi studi sul sistema nervoso, ha ricevuto il Wendell Krieg Lifetime Achievement Award, riconoscimento internazionale istituito dalla più antica associazione internazionale dedicata allo studio del sistema nervoso, il Cajal Club.
Mi piace pensare che tutto questo Rita Levi-Montalcini l’ha costruito senza tecnologie e con la sola passione e forza di volontà ma, nonostante ciò, sia comunque una donna di spirito, ironica e aperta alle novità.
Ecco come risponde ad alcune domande di Concita De Gregorio:
Se avesse potuto frequentare più assiduamente un uomo del suo tempo su chi avrebbe fatto cadere la scelta?
«Ma non c’è dubbio. Albert Einstein. Il segreto della creatività risiede nella curiosità, nella mente che rimane bambina, diceva. Un grande insegnamento. Restare bambini. Oltretutto (ride) anche Einstein appartiene alla cosiddetta razza inferiore...come me».
Qual è stata a suo parere la più grande invenzione o scoperta del secolo? Un farmaco? Uno strumento di diagnosi?
«Ma no, è stata senza dubbio Internet. L’informatica. I nuovi Magellano dell’era digitale. La comunicazione globale. Ma come mai mi chiede questo, lei non usa Internet?».
Silvia Caruso
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