COM'È NATA LA VITA SULLA TERRA?
Qual è stata l'origine della vita sulla Terra? È la classica domanda da 100 milioni di dollari, perché è di interesse universale: chi non vuol sapere come tutto ha avuto inizio? Inoltre il quesito impatta in modo più o meno diretto su diversi ambiti, non solo su quello scientifico – al quale faremo riferimento in questo articolo – ma anche su quello filosofico e religioso. A tal proposito occorre subito mettere le mani avanti: la risposta definitiva ancora non esiste. “L'origine della vita sulla Terra è ancora un mistero – una delle più importanti domande scientifiche ancora da chiarire” scrive Pier Luigi Luisi nella conclusione del libro “Sull'origine della vita e della biodiversità”, pubblicato da Mondadori Education.
Gravità Zero ha scelto questo testo per spiegare ai suoi lettori alcuni elementi di base sul tema, proprio perché si tratta di un saggio divulgativo scientifico molto equilibrato, che si trattiene quindi dal saltare a conclusioni nette e che esprime i risultati dei principali studi. Fa quindi pensare e ragionare ed offre una ricca panoramica di spunti interessanti. Per far ciò deve necessariamente introdurre alcuni concetti, che però possono essere piuttosto impegnativi per chi è completamente a digiuno di chimica, biochimica e biologia. Tuttavia, lo scoglio da superare è grossomodo fissato verso la centesima pagina, superata la quale sarete adeguatamente compensati per la vostra pazienza e tenacia.
Ma veniamo ora al contenuto. Il tema fondamentale, del passaggio dalla materia inanimata alla vita, viene innanzitutto affrontato a partire dalle basi storiche e concettuali. E già da subito il discorso si fa interessante: lo sapevate che nel XVII secolo potevate chiedere al medico la ricetta per fare i topi? Bastava andare dal Dott. Van Helmont: lui vi avrebbe detto di prendere una camicia sporca e dei chicchi di frumento, di metterli a contatto e di aspettare. Dopo 21 giorni sarebbero nati dei topi. Si credeva quindi nella teoria dell'abiogenesi, altrimenti detta della generazione spontanea. Fortunatamente Francesco Redi, Antoni Van Leeuwenhoek, Lazzaro Spallanzani e – soprattutto – Louis Pasteur dimostrarono scientificamente il contrario.
Ma se il vivente può provenire solo dal vivente, qual è quindi l’origine della vita? E poi, noi siamo soltanto un insieme di molecole? Qui l’autore distingue fra struttura, ovvero una sorta di assemblaggio molecolare e proprietà, che sono caratteristiche che possono emergere a livelli gerarchici più elevati (non molecole, ma cellule, tessuti, organi…).
Molti conoscono i primi esperimenti di chimica prebiotica, ma la vera questione è se la vita sia nata per caso o se invece le cose non potevano andare in maniera diversa da come sono effettivamente andate. Nel primo caso si parla di contingenza nell’origine della vita: “una delle implicazioni è che la vita umana avrebbe anche potuto non esserci”. Nel secondo caso, invece si tratta di determinismo, da non confondere con il “determinismo guidato verso la formazione della vita” (quest’ultimo non è scientificamente accettabile).
Nel secondo capitolo l’autore punta a circoscrivere il difficile concetto di “vivente”. Egli si basa sulla teoria dell’autopoiesi (o autoproduzione), sviluppata da Humberto Maturana e Francisco Varela negli anni ‘70. Tale teoria consente anche un approccio sperimentale: è possibile preparare in laboratorio sistemi chimici autopoietici. L’autopoiesi propone una visione sistemica, nella quale il vivente è caratterizzato da automantenimento, ovvero è capace di rimanere se stesso. Ciò significa, in altri termini, essere in grado di rigenerare dall’interno le proprie componenti. Così “la cellula rigenera dall’interno i suoi componenti che vengono consumati, trasformati, degradati o rimossi – siano essi ATP o glicogeno, glucosio o t-RNA. Tutto questo, naturalmente, avviene a spese di nutrienti e attraverso un flusso di energia diretto verso l’interno della cellula”. Ma per definire la vita, l’unità autopoietica (struttura vivente organica) non basta, occorre anche l’ambiente e la cognizione, poiché l’unità citata “interagisce in modo cognitivo con l’ambiente”.
Il terzo capitolo è dedicato ai biopolimeri, cioè alle macromolecole sulle quali è basata la vita: proteine, acidi nucleici e polisaccaridi. Questa è la parte più impegnativa, ma il premio è un’idea molto più chiara di cosa sono le proteine, che funzioni svolgono e quali tipi di strutture possiedono. E gli acidi nucleici? Finalmente coglierete le differenze fra geni, genoma, codice genetico, DNA e RNA.
Gli ultimi tre capitoli del testo sono dedicati ad argomenti altrettanto importanti: innanzitutto si entra nel dettaglio di quelle proprietà che emergono quando la complessità della vita supera determinati livelli; poi vengono spiegati i più importanti approcci sperimentali all’origine della vita. Se conoscete solo l’idea di brodo primordiale, allora troverete molti altri modi di affrontare la scienza della vita in laboratorio: ad esempio “il mondo a RNA prebiotico”, l’approccio compartimentalistico e la costruzione di modelli di proto-cellule minimali.
In un certo senso, l’ultimo capitolo – che tratta i fondamenti del darwinismo e l’origine della biodiversità – potrebbe essere quello a voi più noto (in quanto più diffuso dai media). Ma, come ho già detto all’inizio, questo è un libro che vale la pena leggere fino all’ultima pagina.
N.B.: Le parti virgolettate sono tratte dal libro "Sull'origine della vita e della biodiversità", scritto da Pier Luigi Luisi e pubblicato da Mondadori Education. La foto è stata scattata da Walter Caputo.
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