BREXIT: SENZA REGNO UNITO VANTAGGI MADE IN ITALY DEL FOOD IN EUROPA
Luigi Pio Scordamaglia, Presidente di Federalimentare: su Politica agricola comune il Regno Unito è sempre stato una zavorra. Senza ostracismo della Gran Bretagna possiamo uniformare le regole sull’etichettatura.
Food Industry - Shutterstock |
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“Riassumendo, sì, credo che senza la posizione di ostracismo di Gran Bretagna e di altri Paesi del nord si possa uniformare le regole sull’etichettatura e sull’origine che è quello che vogliamo tutti”: così Luigi Pio Scordamaglia, Presidente Federalimentare, è intervenuto questa mattina al 4° Forum Food & Made in Italy del Sole 24 Ore in merito alle possibili conseguenze della Brexit sul mercato alimentare italiano.
“Il ‘Made in’ di cui si parla oggi sui giornali – ha aggiunto Scordamaglia – non è un ‘Made in’ che interessa l’alimentare, ma è un ‘Made in’ che interessa gli altri settori. L’alimentare ha un suo settore a parte. Però credo che anche nel settore della trasparenza, nel settore dell’etichettatura di origine, la Gran Bretagna abbia avuto grandi responsabilità a frenare sempre. Questo ha ingenerato delle reazioni negative anche in Italia. Abbiamo sempre detto, per esempio come industria, che mettere in etichetta, valorizzare l’origine, anche della materia prima italiana, è un valore aggiunto quando questo è possibile, senza ovviamente criminalizzare, come invece a volte si fa, le importazioni di materia prima quando abbiamo necessità di farlo. La posizione di Paesi come il nord Europa e la Gran Bretagna hanno impedito che questo venisse fatto a livello europeo, per cui come reazione, sbagliata, ovviamente ci sono state una serie di iniziative nazionali, da ultimo l’iniziativa francese su latte e salumi, l’iniziativa italiana su latte e formaggi, che sono dei tentativi di risolvere un problema che ovviamente non ha un gran senso perché fatto su base nazionale. Non ci vuole un bambino – conclude Scordamaglia - per capire che si applica solo ai produttori nazionali e non all’ampio prodotto finito che viene oggi importato sui nostri scaffali”.
In generale sul mercato del food and beverage, il Presidente di Federalimentare Luigi Pio Scordamaglia ha sottolineato come il Regno Unito “è sicuramente un mercato di sbocco molto molto interessante, oltre a essere il quarto mercato di sbocco italiano, cresciuto a due cifre, e dove la domanda c’è e rimarrà anche nei prossimi anni. I risultati di svalutazione della sterlina sono evidenti – ha aggiunto Scordamaglia – se questo dovesse continuare, il potere di acquisto di quel mercato si riduce. Io però non vedo né un drastico crollo della domanda, né soprattutto la nascita di chissà quali dazi o quali ostacoli. Credo che nella peggiore delle ipotesi comunque lo spazio europeo di libero scambio continui a esistere e quindi non vedo conseguenze negative. Di contro se parliamo di politica agricola comune, credo che il Regno Unito sia stato davvero un fardello, sia stato una zavorra che ha impedito una vera integrazione della politica agricola comunitaria, quindi l’uscita dal punto di vista di miglioramento della regolamentazione degli standard è sicuramente positiva”.
“Il ‘Made in’ di cui si parla oggi sui giornali – ha aggiunto Scordamaglia – non è un ‘Made in’ che interessa l’alimentare, ma è un ‘Made in’ che interessa gli altri settori. L’alimentare ha un suo settore a parte. Però credo che anche nel settore della trasparenza, nel settore dell’etichettatura di origine, la Gran Bretagna abbia avuto grandi responsabilità a frenare sempre. Questo ha ingenerato delle reazioni negative anche in Italia. Abbiamo sempre detto, per esempio come industria, che mettere in etichetta, valorizzare l’origine, anche della materia prima italiana, è un valore aggiunto quando questo è possibile, senza ovviamente criminalizzare, come invece a volte si fa, le importazioni di materia prima quando abbiamo necessità di farlo. La posizione di Paesi come il nord Europa e la Gran Bretagna hanno impedito che questo venisse fatto a livello europeo, per cui come reazione, sbagliata, ovviamente ci sono state una serie di iniziative nazionali, da ultimo l’iniziativa francese su latte e salumi, l’iniziativa italiana su latte e formaggi, che sono dei tentativi di risolvere un problema che ovviamente non ha un gran senso perché fatto su base nazionale. Non ci vuole un bambino – conclude Scordamaglia - per capire che si applica solo ai produttori nazionali e non all’ampio prodotto finito che viene oggi importato sui nostri scaffali”.
In generale sul mercato del food and beverage, il Presidente di Federalimentare Luigi Pio Scordamaglia ha sottolineato come il Regno Unito “è sicuramente un mercato di sbocco molto molto interessante, oltre a essere il quarto mercato di sbocco italiano, cresciuto a due cifre, e dove la domanda c’è e rimarrà anche nei prossimi anni. I risultati di svalutazione della sterlina sono evidenti – ha aggiunto Scordamaglia – se questo dovesse continuare, il potere di acquisto di quel mercato si riduce. Io però non vedo né un drastico crollo della domanda, né soprattutto la nascita di chissà quali dazi o quali ostacoli. Credo che nella peggiore delle ipotesi comunque lo spazio europeo di libero scambio continui a esistere e quindi non vedo conseguenze negative. Di contro se parliamo di politica agricola comune, credo che il Regno Unito sia stato davvero un fardello, sia stato una zavorra che ha impedito una vera integrazione della politica agricola comunitaria, quindi l’uscita dal punto di vista di miglioramento della regolamentazione degli standard è sicuramente positiva”.
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