APPUNTI PEDAGOGICI DI ESTETICA TOPOLOGICA
Attraverso la citazione di Borges, intendiamo compiere una breve ricognizione meta-filosofica, per individuare una possibile “dottrina” delle facoltà mentali umane, l'immaginazione, responsabile sia di far perdere, che di far ri-orientare l'Uomo, interagendo con la realtà ambigua e caotica della propria esistenza, singolare e universale. Borges ha creato un “labirinto di simboli”, che oltre a determinare quello smarrimento terreno de “il giardino dei sentieri che si biforcano” (Borges, 1941), offre infinite congetture narrative e labirintici, filosofici giochi linguistici sulla “morte e la bussola” (Borges, 1942).
Per caratterizzare, ulteriormente, la finzione narrativa, Borges ha parlato del “l'estetica passiva degli specchi e l'estetica attiva dei prismi. Guidati dalla prima, l'Arte si trasforma nella copia oggettiva della Realtà o della storia psichica dell'individuo. Guidati dalla seconda, l'Arte si auto-redime, attribuendo al Mondo il suo stesso strumento, e, forgiando lo Spazio, oltre quelle gabbie spazio-temporali, della mera visione personale”. Infatti per spiegare, l'immagine cover del mio post, ne “Il disco”, il monarca dei Secgens perde la propria vita per difendere il prezioso disco di Odino, l'unico oggetto sulla Terra che abbia un'unica faccia, a rappresentare proprio il nastro di Möbius della topologia che intendiamo affrontare.
La Topologia ci accompagna nella vita quotidiana, ma, anche, nell'Arte. E' evidente il rapporto tra la Topologia e l'Arte, specie in M.C.Escher nelle sue scale ed architetture impossibili in quanto annodate, nei suoi ruscelli che scorrono in totale libertà e leggerezza, anche se in palese rifiuto delle leggi fisiche della gravità e dell'energia meccanica, nelle sue scomposizioni in poliedri e nelle sue suddivisioni delle superfici, secondo tasselli simultanei di forme geometriche, semplici ed organizzate in reticoli, ed anche in paesaggi e globi non-euclidei.
Così i Media Environments rappresentano una vera e propria mappatura immaginativa psico-cognitiva con l'occhio famelico del Terzo Millennio, a partire dal corpo, sì astratto, ma subitaneamente pronto ad innervarsi su uno schermo cangiante di Luce, in una visione apocalittica del vivere come scomparsa o estasi dello spettatore stesso. Nessun “mediascapes” funziona in un solo modo, ma piuttosto su modulari regimi contraddittori, in un continuo conflitto, proprio come nei sentieri biforcati di Borges che abbiamo introdotto fin dall'inizio della riflessione. Si tratta di un processo in cui le componenti dei dispositivi allestiti s'innervano organicamente, come ferite, nello spazio fisico e umano che li ospita, capaci di veicolare una mediazione “tragica” e “malinconica” tra il Soggetto e il Mondo.
Lo spazio mediato e configurato dai processi mediali diventa così una “messa in opera”, già sperimentata dalla teoria dei media di McLuhan, su di un palcoscenico, come “effetto Droste”, sia dello spazio privato violato, il più intimo ed erotico possibile, sia dello spazio pubblico, in una raccontabilità etico-socio-politica lineare, segmentata, interrotta, per un “rallenti” soltanto utile ad una comunità irreale ed utopica.
PROF. LUCIA GERBINO
Ph.D. Università Roma3
"Comunicazione, Cultura e Educazione"
Facoltà Scienze della Formazione
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