SPECIALE ONDE GRAVITAZIONALI - I CENTO ANNI DELLA RELATIVITÀ GENERALE - Parte seconda capitolo (I)
N. Bohr - A. Einstein |
II - RELATIVITÀ E MECCANICA QUANTISTICA: UNA CONVIVENZA DIFFICILE - Capitolo (I)
Il contesto storico-scientifico del XX secolo
Nei primi anni del novecento la fisica
era in pieno fermento. Dopo l’invenzione dello spettroscopio fatta da
Fraunhofer (1814) e la scoperta delle line di assorbimento, righe scure, visibili sia negli spettri della
luce solare e stellare sia nella luce riflessa dalle superfici della Luna e di alcuni altri pianeti più luminosi, gli studi di Kirchhoff e
Bunsen portarono rapidamente alla scoperta e allo studio delle righe di
emissione negli spettri di luce delle sostanze chimiche.
Fig. 1 |
La corrispondenza di alcune delle righe visibili di emissione con quelle di assorbimento, come nel caso della riga fondamentale H-alfa dell’idrogeno (riga rossa in Fig. 5), portarono ad un salto di qualità nello studio del cosmo, aprendo la strada all'analisi della composizione delle atmosfere stellari: era ormai chiaro che la natura, così gelosa nel custodire i segreti della materia, li avrebbe potuti celare ancora per poco.
La scoperta e lo studio della radioattività naturale (1896) da parte di H. Becquerel e
Pierre e Marie Curie e l’anno successivo quella dell'elettrone da parte di J.Thomson, portarono rapidamente a concepire nei
primi anni del novecento (1911-1914) dei nuovi modelli di materia formata non
più da atomi elementari, quindi indivisibili, ma da atomi con una struttura
interna fatta da particelle positive e negative, un modello quello dell'atomo che evolse rapidamente di li a
pochi anni, diventando l’attuale modello atomico di Bohr- Shrœdinger (Fig. 2).
Fig. 2 |
A seguito degli studi di J.K. Maxwell (1864) sull'elettromagnetismo e a quelli sullo
spettro di corpo nero di Kirchhoff (1862) reinterpretato in chiave quantistica da Max Planck, nel 1900 cominciò ad emergere la contrapposizione tra una descrizione ondulatoria
e una descrizione corpuscolare della luce, una dicotomia destinata a crescere sempre di più fino a cambiare la visione del mondo.
Due fenomeni infatti, continuavano a resistere all'interpretazione ondulatoria della luce. Oltre a non riuscire a spiegare in alcun modo lo
spettro di corpo nero, l’elettromagnetismo non riusciva nemmeno a spiegare lo strano fenomeno dell’emissione di cariche elettriche negative da parte di alcuni metalli quando venivano illuminati. L'effetto fotoelettrico evidenziato nel 1887 da Hertz e studiato da Lenard, portava a delle incongruenze insuperabili con la teoria elettromagnetica.
Onde elettromagnetiche o quanti?
La
visione maxwelliana del mondo, oltre a fornire in chiave elettro-magnetica unificata una spiegazione accurata di tutti i fenomeni elettrici e magnetici fino ad allora visti come separati, descriveva la luce visibile e invisibile con una coppia di onde elettrica e magnetica mutuamente indotte, oscillanti in modo sincrono ad una certa frequenza con una velocità di propagazione nel vuoto di circa 300.000 chilometri al secondo.
Questa evidenza sconvolgeva di per sé la visione settecentesca della propagazione per onde, infatti questa richiedeva la presenza di un mezzo materiale, non del vuoto che essendo vuoto per definizione, non poteva in
alcun modo essere considerato un mezzo nel quale un’onda avrebbe
potuto propagarsi. Ad ogni modo trascurando solo per poco questo dilemma, c'è da dire che nella teoria di Maxwell il trasporto dell'energia
e della quantità di moto può avvenire in modo continuo,
cioè qualunque valore di energia e impulso può essere emesso dalla materia, trasportato nello spazio da un punto A a un punto B e
assorbito da altra materia.
La spiegazione dello spettro di corpo nero proposta da Planck, richiedeva invece di accettare senza motivazione alcuna che gli scambi di energia e quantità di moto tra radiazione elettromagnetica e materia in equilibrio ad una certa temperatura kelvin, avvenissero in modo discreto, cioè non per valori qualunque come Maxwell vorrebbe, ma per multipli dei valori di energia e impulso di uno stesso quanto, entrambi proporzionali alla frequenza dell’onda. Nella teoria elettromagnetica invece, l'energia trasportata dall'onda e ceduta alla materia è necessariamente proporzionale al quadrato del campo elettrico e magnetico dell’onda stessa, quindi dipende dal quadrato dell'intensità dell'onda e non dalla frequenza come l’ipotesi di Planck prevede. Ad ogni modo nonostante queste incongruenze teoriche, l'elettromagnetismo consentì a Guglielmo Marconi di sviluppare la radio, mentre la teoria dei quanti oltre alla spiegazione dello spettro di corpo nero, permise ad Einstein di spiegare l'effetto fotoelettrico, a Bohr e Sommerfeld di formulare un modello di atomo in grado di prevedere l'energia e la lunghezza d'onda di tutte le righe osservate negli spettri di emissione e assorbimento, tutti passi fondamentali per arrivare con l'ipotesi del dualismo onda-particella proposta da L. Broglie all'interpretazione di Copenaghen del 1927, una interpretazione della Meccanica Quantistica ancora attualmente accreditata ma non l'unica.
A questo proposito di notevole interesse è l'interpretazione quantistica di de Broglie-Bohm che per le sue proprietà di non-località verificate nell'entanglement, si apre ad interessanti sviluppi in riferimento al paradosso EPR e al teorema di Bell violato in molti esperimenti anche recenti, in contraddizione con il realismo locale relativistico tipico della meccanica relativistica di Einstein che vorrebbe che due sistemi anche molto distanti fra loro non possano comunicare istantaneamente.
Fig.3 Onda elettromagnetica |
La spiegazione dello spettro di corpo nero proposta da Planck, richiedeva invece di accettare senza motivazione alcuna che gli scambi di energia e quantità di moto tra radiazione elettromagnetica e materia in equilibrio ad una certa temperatura kelvin, avvenissero in modo discreto, cioè non per valori qualunque come Maxwell vorrebbe, ma per multipli dei valori di energia e impulso di uno stesso quanto, entrambi proporzionali alla frequenza dell’onda. Nella teoria elettromagnetica invece, l'energia trasportata dall'onda e ceduta alla materia è necessariamente proporzionale al quadrato del campo elettrico e magnetico dell’onda stessa, quindi dipende dal quadrato dell'intensità dell'onda e non dalla frequenza come l’ipotesi di Planck prevede. Ad ogni modo nonostante queste incongruenze teoriche, l'elettromagnetismo consentì a Guglielmo Marconi di sviluppare la radio, mentre la teoria dei quanti oltre alla spiegazione dello spettro di corpo nero, permise ad Einstein di spiegare l'effetto fotoelettrico, a Bohr e Sommerfeld di formulare un modello di atomo in grado di prevedere l'energia e la lunghezza d'onda di tutte le righe osservate negli spettri di emissione e assorbimento, tutti passi fondamentali per arrivare con l'ipotesi del dualismo onda-particella proposta da L. Broglie all'interpretazione di Copenaghen del 1927, una interpretazione della Meccanica Quantistica ancora attualmente accreditata ma non l'unica.
A questo proposito di notevole interesse è l'interpretazione quantistica di de Broglie-Bohm che per le sue proprietà di non-località verificate nell'entanglement, si apre ad interessanti sviluppi in riferimento al paradosso EPR e al teorema di Bell violato in molti esperimenti anche recenti, in contraddizione con il realismo locale relativistico tipico della meccanica relativistica di Einstein che vorrebbe che due sistemi anche molto distanti fra loro non possano comunicare istantaneamente.
Vuoto o pieno? Solo spazio-tempo
Torniamo al problema della propagazione delle onde elettromagnetiche nel vuoto. I tentativi di riempire lo spazio vuoto con un mezzo materiale denominato Etere, attraverso il quale le onde elettromagnetiche avrebbero potuto effettivamente propagarsi proprio come un'onda meccanica in un mezzo fallirono tutti, l'ultimo esperimento, il più importante realizzato da Michelson e Morley non fallì però invano. Ci fu chi interpretò la prova della non esistenza dell'Etere come un valido risultato e non come un fallimento. Albert Einstein fu uno di questi. Infatti l'esperimento ebbe il grande merito di dimostrare inequivocabilmente che l’Etere non è un mezzo che riempie lo spazio vuoto ma è lo spazio-tempo in cui la luce si propaga. Nel caso di moto relativo tra sorgente e osservatore, lo spazio-tempo subisce una deformazione in base alla loro velocità relativa permettendo alla luce di avere sempre la stessa velocità per tutti gli osservatori. Lo spazio-tempo non ha però solo questa proprietà, infatti si deforma anche in presenza di energia curvandosi in modo tale che una traiettoria lungo una geodetica diventi curva perché segue la curvatura dello spazio-tempo. Per fare un semplice esempio, se lanciamo una pietra in una certa direzione con una data velocità, in assenza di gravità e di altre forze questa proseguirà indefinitamente il suo moto rettilineo a velocità costante. Se la stessa pietra la lanciamo nella stessa direzione di prima e con la stessa velocità partendo dalla superficie terrestre, dove l'energia di massa della Terra curva lo spazio-tempo locale, questa si muoverà lungo una traiettoria parabolica fino a toccare nuovamente terra in un altro luogo, non perché attratta, ma perché segue la geodetica dello spazio-tempo curvata per effetto dell'energia di massa della Terra. In questo senso se la rivelazione delle onde gravitazionali è l'ultima verifica della teoria della Relatività Generale, si è anche dimostrato che la forza di gravità non è una vera forza come nella gravitazione universale di Newton, ma solo la manifestazione di una curvatura locale della trama dello spazio-tempo alla quale persino la luce non sfugge.
Torniamo al problema della propagazione delle onde elettromagnetiche nel vuoto. I tentativi di riempire lo spazio vuoto con un mezzo materiale denominato Etere, attraverso il quale le onde elettromagnetiche avrebbero potuto effettivamente propagarsi proprio come un'onda meccanica in un mezzo fallirono tutti, l'ultimo esperimento, il più importante realizzato da Michelson e Morley non fallì però invano. Ci fu chi interpretò la prova della non esistenza dell'Etere come un valido risultato e non come un fallimento. Albert Einstein fu uno di questi. Infatti l'esperimento ebbe il grande merito di dimostrare inequivocabilmente che l’Etere non è un mezzo che riempie lo spazio vuoto ma è lo spazio-tempo in cui la luce si propaga. Nel caso di moto relativo tra sorgente e osservatore, lo spazio-tempo subisce una deformazione in base alla loro velocità relativa permettendo alla luce di avere sempre la stessa velocità per tutti gli osservatori. Lo spazio-tempo non ha però solo questa proprietà, infatti si deforma anche in presenza di energia curvandosi in modo tale che una traiettoria lungo una geodetica diventi curva perché segue la curvatura dello spazio-tempo. Per fare un semplice esempio, se lanciamo una pietra in una certa direzione con una data velocità, in assenza di gravità e di altre forze questa proseguirà indefinitamente il suo moto rettilineo a velocità costante. Se la stessa pietra la lanciamo nella stessa direzione di prima e con la stessa velocità partendo dalla superficie terrestre, dove l'energia di massa della Terra curva lo spazio-tempo locale, questa si muoverà lungo una traiettoria parabolica fino a toccare nuovamente terra in un altro luogo, non perché attratta, ma perché segue la geodetica dello spazio-tempo curvata per effetto dell'energia di massa della Terra. In questo senso se la rivelazione delle onde gravitazionali è l'ultima verifica della teoria della Relatività Generale, si è anche dimostrato che la forza di gravità non è una vera forza come nella gravitazione universale di Newton, ma solo la manifestazione di una curvatura locale della trama dello spazio-tempo alla quale persino la luce non sfugge.
Modello bidimensionale della curvatura dello spazio-tempo in presenza di energia di massa. |
Quando un raggio luminoso passa vicino ad un corpo massivo come una stella o una galassia, invece di proseguire in linea retta percorre una traiettoria curva non perché attratto gravitazionalmente dalla massa ma perché segue le geodetiche curve dello spazio-tempo, le numerose immagini di lenti gravitazionali che distorcono o moltiplicano le immagini di galassie lontane ne sono la prova.
(continua)
Speciale onde gravitazionali i cento anni della Relatività Generale:
I - LE ONDE GRAVITAZIONALI ESISTONO DAVVERO
II- RELATIVITÀ E MECCANICA QUANTISTICA: UNA CONVIVENZA DIFFICILE
- Capitolo (I) (questo articolo)
- Capitolo (II)
Prossimo articolo:
III - RELATIVITÀ GENERALE: COSA CI ASPETTIAMO PER IL FUTURO DELL'UNIVERSO?
Immagine distorta di una galassia per un effetto di lente gravitazionale. (Credit: NASA/ESA/STScl) |
La croce di Einstein del quasar G2237 +0305, visibile nei quattro punti di luce periferici, prodotta dall'effetto di lente gravitazionale della galassia ZW 2237 +030 (centro) (Credit: NASA/ESA/STScl) |
(continua)
Speciale onde gravitazionali i cento anni della Relatività Generale:
I - LE ONDE GRAVITAZIONALI ESISTONO DAVVERO
II- RELATIVITÀ E MECCANICA QUANTISTICA: UNA CONVIVENZA DIFFICILE
- Capitolo (I) (questo articolo)
- Capitolo (II)
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III - RELATIVITÀ GENERALE: COSA CI ASPETTIAMO PER IL FUTURO DELL'UNIVERSO?
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