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ECCO COME IL CERVELLO RICONOSCE I SUONI AMBIENTALI

Identificate le aree cerebrali coinvolte nel riconoscimento dei suoni ambientali. Lo studio dell’IRCCS Medea in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera S.Maria della Misericordia di Udine pubblicato su Frontiers in Human Neuroscience.


suono
Suoni e ambiente - Shutterstock 

L’ambiente che ci circonda è ricco di eventi sonori o segnalazioni di attenzione che indicano rischio e il loro corretto riconoscimento è essenziale. Ma quali aree cerebrali sono implicate nel riconoscimento di suoni ambientali come questi?


I dati in letteratura sui correlati neuro anatomici legati al riconoscimento dei suoni provenienti dall’ambiente sono molto contrastanti, sia in relazione alla lateralizzazione cerebrale sia in relazione alle aree che sottendono la loro elaborazione.

In base ai precedenti studi di neuroimmagine, le aree coinvolte in maniera consistente durante l’elaborazione di suoni ambientali includevano la regione corrispondente al giro temporale medio e superiore, l’insula e l’opercolo rolandico, il giro paraippocampale e il giro frontale inferiore.

Un network molto ampio quindi, che ricercatori dell’IRCCS Medea, Polo Regionale Friuli Venezia Giulia, e delle UO di Neurochirurgia, Neuroradiologia e Fisica medica dell’Azienda Ospedaliera S.Maria della Misericordia di Udine hanno voluto indagare attraverso uno studio di mappaggio multimodale appena pubblicato su Frontiers in Human Neuroscience (Identifying environmental sounds: a multimodal mapping study - Barbara Tomasino, Cinzia Canderan, Dario Marin, Marta Maieron, Michele Gremese, Serena D'Agostini, Franco Fabbro e Miran Skrap).
Come primo step, attraverso una meta analisi quantitativa degli studi di risonanza magnetica funzionale precedenti, i ricercatori hanno evidenziato che l’attivazione di alcune delle aree apparentemente coinvolte nel riconoscimento di suoni era influenzata da scelte di disegno sperimentale (ad esempio il tipo di compito che i partecipanti svolgevano, il tipo di stimoli usati ecc): dunque non tutte le aree riflettevano la reale attivazione innescata dall’ascolto di suoni ambientali. In concreto, gli studi mostravano una correlazione tra attivazioni e ascolto ma non un rapporto causale.

Quali aree erano essenziali al riconoscimento dei suoni ambientali e quali accessorie?

Lo studio ha quindi preso in esame sette pazienti neurochiurgici, selezionati in base alle aree coinvolte nella meta analisi, i quali sono stati sottoposti a test neuropsicologici e ad esame di risonanza magnetica funzionale durante l’ascolto di suoni ambientali: in effetti i pazienti mostravano una prestazione patologica al compito di riconoscimento di suoni, ovvero fornivano risposte non collegate al suono target (non riconoscevano la fonte che generava quel determinato tipo di suono, es. martello per treno) oppure semanticamente collegate ad esso (es. gatto per cane).
Ma non tutte le aree individuate nella meta analisi risultavano effettivamente coinvolte. La regione che è risultata più frequentemente danneggiata corrispondeva all’ippocampo, insula e giro temporale superiore: l’esame di risonanza magnetica funzionale, infatti, mostrava alterazioni nell’attivazione di queste aree nei pazienti rispetto ad un gruppo di volontari sani.

Di più: contrariamente a quanto descrive la letteratura, che attribuisce una maggiore responsabilità dell’emisfero destro nel riconoscimento dei suoni, lo studio dimostra che entrambi gli emisferi risultano coinvolti.

“Attraverso studi di mappaggio multimodale, cioè combinando più tecniche – spiegano i ricercatori - siamo riusciti ad identificare in un network molto ampio quali aree cerebrali siano effettivamente essenziali al riconoscimento dei suoni ambientali e quali invece siano accessorie. Inoltre i risultati indicano che un deficit di riconoscimento di suoni non consegue esclusivamente a lesioni dell’emisfero destro o sinistro ma entrambi gli emisferi sono coinvolti”.

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