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LE AZIENDE DEL NORD EST DI FRONTE AL PASSAGGIO GENERAZIONALE

«Servono formazione e una nuova cultura d’impresa»

Nel secondo incontro di Economia sotto l’Ombrellone svoltosi a Lignano Sabbiadoro (Ud) si è parlato di quel 45% di imprenditori che vorrebbe come successori i figli, ma solo nella metà dei casi ritiene questo realmente possibile. Eppure per le Pmi familiari il passaggio di testimone è spesso una strada obbligata, che andrebbe preparata e agevolata.


Economia sotto l'ombrellone
Economia sotto l'ombrellone 


Accettare e agevolare il passaggio generazionale è la priorità per le Pmi del Nord Est. Imprese per cui la trasmissione dai genitori ai figli è a volte una scelta naturale e a volte una strada obbligata –dati i costi insostenibili per potersi affidare a dei manager. Secondo uno studio di PricewaterhouseCoopers (PwC) presentato da Confindustria Udine qualche settimana fa, quasi la metà delle imprese familiari si trova in fase di passaggio generazionale, ma solo il 25% degli imprenditori che hanno fondato un’azienda ritiene i figli sufficientemente preparati e motivati da poter salire al comando. Così, solo il 12% delle imprese arriva alla terza generazione.


Su questo tema particolarmente importante per il tessuto economico del Friuli Venezia Giulia e del Nord Est, composto da un grandissimo numero di piccole aziende familiari, si sono confrontati mercoledì 12 agosto Davide Boeri, presidente del Gruppo giovani di Confindustria Udine, Carlo Alberto Magon, consigliere del Gruppo giovani di Confindustria Udine e dal giornalista Alessandro Zuin, coordinatore editoriale del Corriere Imprese Nordest che hanno partecipato come relatori al secondo incontro della quinta edizione di Єconomia sotto l'ombrellone incentrato sul tema “Alla ricerca dello spirito imprenditoriale” e svoltosi al Palapineta di Lignano Sabbiadoro.

Economia sotto l'ombrellone

I tre relatori hanno individuato i problemi che ostacolano un passaggio generazionale che dovrebbe essere studiato, preparato e programmato meglio di come si faccia oggi. Anche perché è una necessità, come ha evidenziato Davide Boeri: «Per le Pmi italiane si tratta spesso di una strada obbligata, non di una scelta, perché visto il peso fiscale sugli stipendi che nel caso dei manager può arrivare al 60%, per molte imprese è semplicemente impossibile potersi affidare ai manager».

I cambiamenti necessari per affrontare questa sfida? Il primo riguarda un intero ecosistema, ha commentato Alessandro Zuin «che non è favorevole alla nascita di nuove imprese e alla crescita di quelle esistenti a causa dei ben noti problemi dovuti alla burocrazia, alla tassazione, eccetera. Un’ulteriore questione ritengo sia quella legata alla formazione: in Italia esistono scuole, anche di eccellenza, orientate alla formazione manageriale, ma non esistono scuole di formazione imprenditoriale». Dello stesso parere Boeri, che ha notato come «I giovani che oggi frequentano le scuole purtroppo non vedono l’imprenditoria come un’appetibile prospettiva futura. Credo che ciò dipenda da diversi fattori, ma in primis da una scarsa informazione. Non è caso che sempre di più si parli della necessità di un'alternanza scuola lavoro». D’accordo Carlo Alberto Magon sulla cattiva rappresentazione del mondo dell’impresa spesso data dai mass media: «Se lo spirito imprenditoriale sta venendo meno credo uno dei motivi sia anche questo. A leggere i giornali sembra che ci siano solo problemi, che tutti debbano essere destinati a chiudere, a essere comprati dagli stranieri, e così via. È vero che il contesto italiano è difficile, ma ci sono molte imprese che vanno bene e che danno grosse soddisfazioni ai loro titolari».

Pur essendo i due imprenditori degli esempi di passaggi generazionali ben riusciti, hanno ammesso anche altri problemi culturali. Il primo è la scarsa fiducia nei giovani, elemento comune al resto d’Italia, che porta spesso a vedere imprese guidate da ottuagenari con figli che invecchiano e vanno in pensione in attesa di una possibile successione. Il secondo, emerso nel dibattito dopo l’incontro, è un approccio sbagliato al concetto di fallimento, possibilità che invece fa parte del rischio imprenditoriale e come tale va affrontata. Ha sottolineato Magon: «Da noi purtroppo si considera il fallimento come una vergogna e un'ignominia. Prescindendo da quei casi in cui i fallimenti sono voluti per "furbizia" o sono frutto di un comportamento fraudolento, e che vanno sanzionati –ha aggiunto–, l'idea che porta a non voler considerare il fallimento come una normale possibilità di un'attività imprenditoriale ha conseguenze pesantissime, sia perché mortifica lo spirito imprenditoriale, sia perché porta le banche a non sostenere se non in minima parte le start up e le aziende più innovative. Che sono spesso rischiose, ma sono anche quelle che hanno maggiori possibilità di crescita».

Il prossimo appuntamento di Єconomia sotto l'ombrellone, mercoledì 19 agosto ore 18.30 al Palapineta di Lignano Sabbiadoro avrà per tema “Investire dopo la crisi greca” e, moderato dal giornalista Carlo Tomaso Parmegiani, vedrà la partecipazione di Mario Bianchi Disette Specialista in risparmio e investimenti della Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia, Mario Fumei, consulente finanziario e Luigi Riganelli Responsabile private banking della sede di Trieste del Monte dei Paschi di Siena


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