IL CLIMA DEL NORD ITALIA DEGLI ULTIMI 2000 ANNI È SCRITTO NEI SEDIMENTI DEL MARE
L’analisi di sedimenti marini accumulati nel golfo di Taranto ha permesso di ricostruire le variazioni climatiche nel Nord Italia negli ultimi duemila anni. È questo il risultato della ricerca del gruppo di climatologi e oceanografi coordinati dalla prof.ssa Carla Taricco, del Dipartimento di Fisica dell’Università di Torino, pubblicato sulla prestigiosa rivista Scientific Reports.
Amplitude of salinity decadal variability along the Adriatic coast. |
Il gruppo è composto dai torinesi dott. Silvia Alessio, Sara Rubinetti e Salvatore Mancuso, dal prof. Angelo Rubino e dal dott. DavideZanchettin dell'Università Ca' Foscari di Venezia e dai dott. Miroslav Gacic e Simone Cosoli dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale di Trieste.
Attraverso l’analisi di sedimenti marini accumulati nel golfo di Taranto, la ricerca dimostra che i foraminiferi – microrganismi marini vissuti in superficie e depositati nei sedimenti – serbano nei loro gusci traccia delle piene del fiume Po. Le correnti marine che si originano nell’alto Adriatico trasportano infatti per più di mille chilometri fino al Golfo di Taranto le acque dolci del Po, influenzando l’habitat dei foraminiferi, molto sensibili alle variazioni di salinità e di temperatura. Dalla composizione dei gusci, in particolare dall’abbondanza degli isotopi dell’ossigeno, si è potuto risalire alla quantità di acqua di origine fluviale e di conseguenza alle variazioni della portata del Po nel tempo e si sono rivelati periodi di siccità e di alluvioni degli ultimi duemila anni. In particolare, i ricercatori hanno mostrato che il lungo periodo freddo, che va dal 1600 al 1800 circa, noto come ‘piccola età glaciale’, fu ancora più ostile per gli abitanti della pianura padana, poiché si verificarono frequenti alluvioni catastrofiche, alcune delle quali documentate nelle cronache locali. Tale periodo mostrò la maggiore variabilità idrologica degli ultimi due millenni.
L’eccezionalità dei sedimenti del golfo di Taranto, su cui si basa questo risultato, è costituita dall’accurata datazione degli stessi, resa possibile dalla presenza delle tracce delle eruzioni vulcaniche del Vesuvio, a partire da quella di Pompei del 79 dopo Cristo fino alla più recente del 1944.
I sedimenti studiati, oltre ad aver fornito la storia delle piene del Po per la prima volta su duemila anni, offrono l’opportunità di nuovi studi ed approfondimenti delle variazioni climatiche dell’area mediterranea.
La portata del fiume Po è soggetta a una grande variabilità, che si evidenzia sia nei diversi periodi dell'anno, sia su scale temporali maggiori, dagli anni ai vari decenni. Essa riflette la piovosità di una vasta regione del Nord Italia, quella che contribuisce ad alimentare il Grande Fiume. Gli eventi idrologici estremi osservati negli ultimi anni, incluse le magre eccezionali del Po nelle estati 2003, 2005 e 2006, nonché le piene disastrose del 1994 e del 2000, riflettono un cambiamento in atto su scala regionale. Ma quanto sia importante questo cambiamento è possibile stabilirlo solo conoscendo le variazioni climatiche avvenute in passato. Misure di portata del Po furono eseguite solo a partire dal 1800; per spingersi più indietro nel passato è necessario ricorrere ad "archivi naturali", quali appunto i sedimenti del mare.
Il gruppo di ricerca studia da anni sedimenti marini prelevati nel golfo di Taranto, particolarmente adatti per studi climatologici grazie all'alta velocità di sedimentazione di questa regione ed alla datazione affidabile. Questi sedimenti hanno rivelato un'oscillazione climatica decennale, intensa e persistente negli ultimi 2000 anni. Grazie alla sinergia delle diverse competenze degli autori, sulla base delle misure disponibili del livello del fiume ed ai dati oceanografici relativi all'Adriatico ed allo Ionio, è stata identificata la causa di questa variazione decennale, costituita dalla portata variabile del fiume Po. L'importanza del risultato ottenuto sta nel fatto che, grazie ai sedimenti marini, è stato possibile estendere la conoscenza delle piene del Po agli ultimi due millenni e identificare fasi più calme del fiume, come quelle intorno agli anni 200, 800, 1200 e 1400 dell'Era Cristiana, alternate a fasi più perturbate e con violente alluvioni, come appunto quella intorno al 1600, coincidente con la ‘piccola età dei ghiacci’.
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