UMBERTO ECO E GLI IMBECILLI 2.0
Ha diviso letteralmente la rete la dichiarazione del celebre semiologo Umberto Eco espressa nel giorno della sua 40ª laurea honoris causa in "Comunicazione e cultura dei media" consegnata nella Sua Alma Mater: l'Università di Torino.
"I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli. La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità".
Umberto Eco - caranto / Shutterstock.com |
Meno noto è quanto ha dichiarato Eco, nella premessa, rispondendo alla domanda di una delle persone presenti. Dopo aver sottolineato che «uno dei grandi problemi della scuola italiana è aiutare i ragazzi a filtrare le informazioni su Internet» - cosa di cui nessuno dotato di senno può sinceramente dubitare - lo scrittore medievalista è entrato nel cuore della questione. Senza assumere una posizione arcaica e «reazionaria» come parrebbe a leggere i titoli e gli articoli pubblicati sui giornali cartacei, anzi, riconoscendo anche le potenzialità politiche della rete.
Il fenomeno dei social network è anche positivo, non solo perché permette alle persone di rimanere in contatto tra loro. Pensiamo solo a quanto accaduto in Cina o in Turchia dove il grande movimento di protesta contro Erdogan è nato proprio in rete, grazie al tam-tam. E qualcuno ha anche detto che, se ci fosse stato Internet ai tempi di Hitler, i campi di sterminio non sarebbero stati possibili perché le informazioni si sarebbero diffuse viralmente.
Per farsi un'idea completa di quanto dichiarato dal professor Eco basta comunque cercare il video (integrale), reso disponibile su Youtube. E lasciarvi poi con una domanda che si pone Paolo Papi su Panorama: "È più «imbecille» e dannoso un anonimo «imbecille» su Facebook oppure un «sistema» che, per esigenze sensazionalistiche, giunge spesso a decontestualizzare le parole di chi le pronuncia, al punto da renderle caricaturali?".
È lo stesso discorso che fa anche Pier Luca Santoro, che invita a visionare integralmente l'intervento di Eco a Torino dichiarando che "Emergono due cose di fondo: da un lato - osserva - che la decontestualizzazione del discorso implica inevitabilmente fraintendimento ed infatti il ragionamento di Eco è di più ampio respiro, dall’altro lato non si può non rilevare come nonostante vi fossero numerosi giornalisti in aula è mancata qualsiasi buona pratica giornalistica, a cominciare dall’assenza di fact checking, e si sia preferito dare in pasto alla pancia delle persone una preda su cui avventarsi".
Una difesa d'ufficio arriva da una ex allieva di Umberto Eco, Giovanna Cosenza, a sua volta docente universitaria a Bologna. Prova ad interpretare il pensiero del maestro e lancia una provocazione, citandolo: "Umberto Eco su Internet è apocalittico, integrato, o nessuna delle due cose? Ai posteri l’ardua sentenza"
Umberto Eco e i social media: apocalittico, integrato o nessuno dei due? https://t.co/jtw07bf7AZ pic.twitter.com/nplQ2K68qZ
— Giovanna Cosenza (@GiovannaCosenza) 12 Giugno 2015
Interviene sul tema anche l'enciclopedia Treccani, che rispolvera in un tweet una vecchia e pertinente citazione dello stesso Eco, che ne sottolinea la sostanziale coerenza di pensiero:
Una citazione di Umberto Eco che oggi torna molto attuale ... http://t.co/nzkaPCUJUi pic.twitter.com/xl60VsiL0P
— Treccani (@Treccani) 11 Giugno 2015
E chi è molto più pragmatico, come Hamilton Santià, dottorando di Storia del Cinema presso l’Università di Torino e afferma nel suo blog che "Umberto Eco non ha torto. Umberto Eco ha detto una banalità". È questo il vero problema.
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