LE SORPRESE DI UNA STELLA NANA ROSSA E DEL SUO PIANETA: PIANETI ABITABILI?
Il sistema è stato studiato in dettaglio da Valerio Nascimbeni, dell’INAF e dell’Università di Padova, insieme al suo team, in gran parte composto di colleghi italiani e dell’INAF, sfruttando le osservazioni del Large Binocular Telescope. Osservata anche l’occultazione da parte del pianeta di una macchia stellare sulla nana rossa e misurata per la prima volta in modo diretto la sua temperatura
Lei è una stella nana rossa, nota per la sua intensa attività, lui un pianeta della classe della superterre, scoperto nel 2009. Insieme formano una coppia assai peculiare, denominata GJ1214 e GJ1214b, che è stata studiata in dettaglio da Valerio Nascimbeni, dell’INAF e dell’Università di Padova, insieme al suo team, in gran parte composto di colleghi italiani e dell’INAF, sfruttando le osservazioni del Large Binocular Telescope. Permettendo così di osservare l’occultazione da parte del pianeta di una macchia stellare sulla nana rossa e misurare per la prima volta in modo diretto la sua temperatura. Queste misure, abbinate anche alle accurate curve di luce registrate durante due transiti del pianeta davanti alla stella madre e registrate contemporaneamente in due differenti lunghezze d’onda dalle due Large Binocular Camera di LBT, hanno permesso di determinare con grande accuratezza il raggio del pianeta, pari a 2,7 volte quello della Terra. Le misure del raggio che hanno restituito valori identici dai dati di entrambe le camere LBC hanno permesso inoltre di dedurre che il pianeta è avvolto da nubi.
Il telescopio LBT in Arizona. Crediti: INAF- R. Cerisola
Il telescopio LBT in Arizona. Crediti: INAF- R. Cerisola |
L’interesse per studiare il sistema di GJ1214 nasce dal fatto che il suo pianeta è solo sei volte e mezzo più massiccio del nostro. Non conosciamo molto delle proprietà di questa classe di corpi celesti poiché, nel nostro Sistema solare, non ne esistono di analoghi. Nella comunità scientifica si dibatte sulla loro natura, se cioè siano simili a dei “Nettuni” in miniatura, composti soprattutto di ghiaccio e rocce, o se abbiano atmosfere estese di idrogeno ed elio come le possiedono i giganti gassosi. «Fino ad oggi, gli astronomi erano profondamente incerti su quali fossero le proprietà di questo pianeta» dice Nascimbeni. «Alcuni ritenevano che la sua atmosfera fosse composta da molecole di acqua o metano, altri che a mascherarla ci fosse, al di sopra, uno spesso strato di nuvole. E proprio questo secondo scenario lo abbiamo confermato analizzando le osservazioni di due transiti realizzate da LBT nel 2012».
Oltre a caratterizzare il pianeta, l’indagine ha anche permesso di rivelare alcune peculiarità della sua stella madre, una nana rossa piuttosto piccola (con un raggio pari a un quinto di quello del Sole e una massa di un sesto), fredda (appena 3000 kelvin in superficie, contro i circa 6000 della nostra stella) e vicina a noi, a solo 42 anni luce, in direzione della costellazione dell’Ofiuco. GJ1214 è una stella notoriamente attiva: presenta infatti estese regioni di macchie stellari e brillamenti. Caratteristiche osservate anche su molte altre nane rosse, che purtroppo interferiscono con le nostre capacità di studiare i pianeti che vi orbitano attorno.
Un problema non trascurabile, poiché gli astronomi ritengono questa classe di astri tra le più promettenti per caratterizzare pianeti abitabili, sfruttando la tecnologia esistente o in via di sviluppo nei prossimi anni. «Sappiamo che l’attività delle nane rosse è diversa da quella delle stelle di tipo solare, e i campi magnetici che ne sono responsabili hanno un’origine ancora non del tutto chiarita» aggiunge Nascimbeni. «Il nostro lavoro con LBT è stato in questo senso molto importante, perché ci ha permesso di individuare chiaramente l’occultamento di una macchia stellare da parte del profilo del pianeta e poi, con ulteriori indagini ricavare con certezza, per la prima volta, il periodo di rotazione della stella ospite pari a 80 giorni. Grazie poi alle osservazioni uniche che può condurre LBT, sfruttando contemporaneamente le due camere LBC “Rossa” e “Blu” che osservano in due intervalli di lunghezze d’onda differenti, siamo riusciti a identificare la “firma” della macchia stellare e ricavare per la prima volta in modo diretto la temperatura della macchia attorno ad una nana rossa, il che permetterà di calibrare i modelli che descrivono l’evoluzione dei campi magnetici in questo tipo di oggetti».
Un problema non trascurabile, poiché gli astronomi ritengono questa classe di astri tra le più promettenti per caratterizzare pianeti abitabili, sfruttando la tecnologia esistente o in via di sviluppo nei prossimi anni. «Sappiamo che l’attività delle nane rosse è diversa da quella delle stelle di tipo solare, e i campi magnetici che ne sono responsabili hanno un’origine ancora non del tutto chiarita» aggiunge Nascimbeni. «Il nostro lavoro con LBT è stato in questo senso molto importante, perché ci ha permesso di individuare chiaramente l’occultamento di una macchia stellare da parte del profilo del pianeta e poi, con ulteriori indagini ricavare con certezza, per la prima volta, il periodo di rotazione della stella ospite pari a 80 giorni. Grazie poi alle osservazioni uniche che può condurre LBT, sfruttando contemporaneamente le due camere LBC “Rossa” e “Blu” che osservano in due intervalli di lunghezze d’onda differenti, siamo riusciti a identificare la “firma” della macchia stellare e ricavare per la prima volta in modo diretto la temperatura della macchia attorno ad una nana rossa, il che permetterà di calibrare i modelli che descrivono l’evoluzione dei campi magnetici in questo tipo di oggetti».
Allo studio sul sistema di GJ1214, accettato per la pubblicazione sulla rivista Astronomy&Astrophysics nell’articolo “Large Binocular Telescope view of the atmosphere of GJ1214b”, oltre Valerio Nascimbeni hanno partecipato i ricercatori INAF Gaetano Scandariato, Isabella Pagano, Sergio Messina e Giuseppe Leto (INAF-Osservatorio Astrofisico di Catania), Gianpaolo Piotto (INAF-Osservatorio Astronomico di Padova e Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Padova), Giuseppina Micela (INAF-Osservatorio Astronomico di Palermo), Susanna Bisogni (INAF-Osservatorio Astrofisico di Arcetri), Roberto Speziali (INAF-Osservatorio Astronomico di Roma), insieme a Matthias Mallonn e Klaus G. Strassmeier del Leibniz-Institut for Astrophysics di Potsdam, in Germania.
Marco Galliani, INAF
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