JUVE-MILAN: LE LINEE SONO PARALLELE? QUESTIONE DI PROSPETTIVA
Sono trascorsi seicento anni da quando il grande architetto fiorentino Filippo Brunelleschi "inventò" la prospettiva. Un salto di qualità, si può dire, di ordine scientifico.
Eppure sembra che questi seicento anni di consapevolezza siano andati in fumo oggi in un tweet dell'account ufficiale dell’AC Milan, che ha catturato l'attenzione sia dei tifosi che dei matematici.
Siccome non è frequente che la matematica (in questo caso il settore della matematica chiamata geometria) venga presa in esame durante una partita di calcio, la cosa ha catturato la mia attenzione.
Secondo voi nel fermo immagine tv prodotto dalla Juventus, le due linee sono parallele? Per noi no #JuveMilan pic.twitter.com/VEanYEuQVf
— AC Milan (@acmilan) 8 Febbraio 2015
AC Milan vuole probabilmente affermare che l’immagine proposta possa essere stata modificata cambiando l'angolazione della retta vicino a centro campo per modificare il risultato della partita?
Eppure non è necessario essere un matematico per risolvere l'arcano. Un pittore, un architetto, ma anche uno psicologo (tutti e tre hanno studiato una materia chiamata percezione visiva) potrebbero arrivare ugualmente alla stessa conclusione. Vedete: è quello che si chiama in gergo "indizio di profondità", ed è l'effetto percettivo che si basa sulla conoscenza che le linee parallele nel mondo 3D sembrano convergere in una immagine 2D.
Le linee parallele convergono apparentemente verso il punto di fuga, che è quel punto immaginario dello spazio in cui le linee parallele convergono in profondità.
Le rette (parallele nella realtà) convergono verso un punto di fuga prospettico |
Lo studio della percezione visiva, spiega come "interpretiamo" l'ambiente che ci circonda.
Il nostro apparato visivo è uno strumento complesso, eppure talvolta viene ingannato da quelle che noi chiamiamo illusioni ottiche.
Queste illusioni, in realtà, dimostrano un dato di fatto: che i nostri sensi, la nostra vista, è ingannevole. O meglio: che quanto percepiamo è una interpretazione della realtà e non è una "fotografia della realtà".
Per dimostrare quanto affermo, mostrero un altro "inganno della mente".
Come l'illusione che avete appena visto, ecco di seguito un'altra illusione prospettica scoperta alla Stanford University da Roger Shepard [1] nel 1981, che gioca sulla nostra tendenza a rendere reali alcune interpretazioni che nella realtà non esistono
Come l'illusione che avete appena visto, ecco di seguito un'altra illusione prospettica scoperta alla Stanford University da Roger Shepard [1] nel 1981, che gioca sulla nostra tendenza a rendere reali alcune interpretazioni che nella realtà non esistono
Date uno sguardo alla seguente immagine e ditemi se ritenete sia più lungo il tavolo di sinistra o quello di destra. E quale è più largo dei due? Prendete un righello e misuratene i lati. Sorpresi?
Ci accorgiamo dell'inganno, ma anche volendolo non possiamo correggerlo: ciò che noi vediamo è infatti sempre il frutto dell'elaborazione centrale di informazioni provenienti dalle retina di ogni occhio e non da una immagine reale presente nel nostro cervello, o presente nella realtà, come la psicologia ingenua potrebbe portarci a pensare.
Ciò che percepiamo dell'ambiente è una elaborazione basata sulle nostre conoscenze passate. Noi vediamo solo quello che vogliamo vedere. O meglio: quello che il nostro cervello vuole vedere.
Ma attenzione: questo non significa che il nostro apparato visivo o la nostra mente non funzioni correttamente o abbia qualche difetto. Il fatto è che il nostro cervello, quando vede un'immagine cerca sempre di semplificarla il più possibile. La nostra percezione è sempre disposta ad organizzare ciò che vediamo in un insieme logico e comprensibile. Quello dell'inganno prospettico è uno di questi. Il cervello cerca di ricollocare ciò che osserva a situazioni passate. È un modo che abbiamo di raccogliere informazioni e prendere decisioni nel più breve tempo possibile. È, insomma, una strategia della nostra mente per aiutarci a percepire il mondo e trarre conclusioni utili.
"Il contenuto di una percezione si costituisce in modo ontologicamente complesso e il processo che lo porta in essere non è un evento isolato, bensì parte intrinseca di una esperienza cognitiva visiva la quale possiede alcuni caratteri specifici". [2]
L'illusione è maggiormente amplificata in questa figura dove abbiamo colorato gli oggetti.
I due tavoli, apparentemente differenti, hanno i lati rispettivamente uguali a due a due.
Misurate per credere!
Questa illusione viene anche chiamata "costanza di forma" ed è talmente forte che non possiamo fare a meno di cancellarla dalla nostra mente: continuiamo a vedere i tavoli diversi anche se sappiamo benissimo (avendoli poi misurati) che sono di lunghezze identiche.
Questo e altri esempi stupiscono spesso i presenti: non sono infatti abituati a pensare che gli oggetti che vediamo quotidianamente sono in realtà costruzioni del nostro cervello.
Noi vediamo il mondo attraverso gli stimoli elettrici che ci arrivano dalla retina, e "vediamo" attraverso gruppi di milioni di cellule (i neuroni) che sono situate nella parte posteriore (occipitale) del nostro cervello.
Se provate ad eliminare le evidenze prospettiche della terza dimensione, come in questo esperimento, l'illusione percettiva perde di efficacia e le due superfici tornano a essere uguali.
Il nostro cervello viene cioè "ingannato" dalla presenza della tridimensionalità dei due tavoli: siccome il tavolo di sinistra si "allontana" da noi, sempre per il nostro cervello deve per forza rimpicciolire, come farebbero le rotaie di una ferrovia. Ma se rimpicciolisce allora il nostro cervello ci comunica che il tavolo di sinistra deve anche essere in realtà più lungo di quanto non sia... e dunque più lungo della larghezza del tavolo di destra.
Ferrovia: le linee parallele sembrano convergere - Shutterstock |
Un altro esempio di inganno percettivo lo si riscontra nell'effetto del seguente quadro [3].
La percezione si basa sull'elaborazione basata sulle nostre conoscenze passate. Noi dunque vediamo solo ciò che il nostro cervello vuole vedere.
La percezione si basa sull'elaborazione basata sulle nostre conoscenze passate. Noi dunque vediamo solo ciò che il nostro cervello vuole vedere.
NOTE
[1]
Shepard RN (1981) Psychological complementarity.
In: Kubovy M & Pomerantz JR (eds)
Perceptual organization. 279-342.
Hillsdale, NJ: Lawrence Erlbaum Associates.
[2]
Lucia Foglia
Percezione visiva. Prospettive filosofiche ed empiriche
Franco Angeli, 2011 - pag 17
[3]
Ice Gallery a Windsor, UK di Brian Weavers
Shepard RN (1981) Psychological complementarity.
In: Kubovy M & Pomerantz JR (eds)
Perceptual organization. 279-342.
Hillsdale, NJ: Lawrence Erlbaum Associates.
[2]
Lucia Foglia
Percezione visiva. Prospettive filosofiche ed empiriche
Franco Angeli, 2011 - pag 17
[3]
Ice Gallery a Windsor, UK di Brian Weavers
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