INTERVISTA ALL'ECCELLENZA DELLA PALEONTOLOGIA ITALIANA: CRISTIANO DAL SASSO, IL PADRE DELLO SPINOSAURUS SEMI-ACQUATICO
La Paleontologia sta vivendo il suo momento d’oro. Dopo l’intervista al paleontologo Pascal Godefroit in cui si prospettavano nuovi
scenari mesozoici in cui i T-rex potevano avere le piume, ora dovremo
immaginarci uno dei più grandi dinosauri esistiti al mondo, lo Spinosaurus nuotare conducendo una vita
semiacquatica.
Ormai decretato il più grande dinosauro predatore al mondo, lo Spinosaurus ha superato in popolarità e lunghezza quel "piccoletto" del Tyrannosaurus rex. Conquistandosi la copertina di ottobre 2014 della rivista National Geographic, ha modificato la Paleontologia attuale portando un'ulteriore rivoluzione scientifica in questa disciplina e stravolgendo l'immaginario collettivo che credeva i dinosauri soltanto terrestri.
Ma chi è colui che insieme ad un team internazionale di paleontologi ha reso possibile questa rivoluzione nella concezione della biologia di questi dinosauri carnivori?
E’ l’eccellenza della Paleontologia in Italia, è il papà scientifico del piccolo ma grande Ciro (Scipionyx samniticus), quel dinosauro italiano unico al mondo che ha conservato gli organi interni, è lo studioso che nel 1998 ha conquistato una copertina di Nature: Cristiano Dal Sasso. Classe 1965, laureato in Scienze Naturali all’Università Statale di Milano, lavora al Museo di Storia Naturale di Milano come Paleontologo dei Vertebrati dal 1991.
Ormai decretato il più grande dinosauro predatore al mondo, lo Spinosaurus ha superato in popolarità e lunghezza quel "piccoletto" del Tyrannosaurus rex. Conquistandosi la copertina di ottobre 2014 della rivista National Geographic, ha modificato la Paleontologia attuale portando un'ulteriore rivoluzione scientifica in questa disciplina e stravolgendo l'immaginario collettivo che credeva i dinosauri soltanto terrestri.
Ma chi è colui che insieme ad un team internazionale di paleontologi ha reso possibile questa rivoluzione nella concezione della biologia di questi dinosauri carnivori?
E’ l’eccellenza della Paleontologia in Italia, è il papà scientifico del piccolo ma grande Ciro (Scipionyx samniticus), quel dinosauro italiano unico al mondo che ha conservato gli organi interni, è lo studioso che nel 1998 ha conquistato una copertina di Nature: Cristiano Dal Sasso. Classe 1965, laureato in Scienze Naturali all’Università Statale di Milano, lavora al Museo di Storia Naturale di Milano come Paleontologo dei Vertebrati dal 1991.
Può raccontarci la storia di questa grande scoperta che
rivoluziona il comportamento dei Teropodi?
S. Maganuco a sin. e C. Dal Sasso a des. con il cranio dello Spinosaurus |
Abbiamo deciso di studiare il cranio all'inizio degli anni 2000, dopo averlo acquisito da un collezionista privato italiano. Ci siamo resi
conto che era il cranio più completo al mondo per questa specie, e che mostrava
caratteri anatomici unici, come il muso allungato e la narice molto arretrata.
Caso unico tra tutti i dinosauri (non solo teropodi), il cranio di spinosauro
mostrava che le ossa premascellari non bordavano le narici, perché queste
ultime erano davvero molto lontane, spostate indietro verso la metà del cranio!
Nel 2005 abbiamo quindi pubblicato un articolo specifico sul
Journal of Vertebrate Paleontology, nel quale io ed il mio collega paleontologo Simone Maganuco avevamo già
indicato una taglia enorme, superiore a quella di un T-rex: il cranio di Milano
indicava che uno spinosauro adulto poteva quasi raggiungere i 16 metri di
lunghezza.
Dunque, quando nel 2010 abbiamo cominciato a ricevere in
visione nuove ossa che ci sembravano di spinosauro, per noi è stato logico
voler continuare gli studi su questo incredibile animale.
Ma la storia inizia qualche anno prima. Nel 2008 alcuni abitanti di un Villaggio a nord di Erfoud in Marocco trovarono delle ossa fossili lungo un pendio roccioso. Mentre alcune venivano acquistate dall'Università di Casablanca, altre vennero acquistate da un geologo-collezionista italiano, che rendendosi conto della loro importanza scientifica nel 2012 le donò al Museo di Storia naturale di Milano. Nel frattempo io ed il mio collega S. Maganuco avevamo conosciuto un paleontologo tedesco-marocchino Nizar Ibrahim ad un convegno in Inghilterra che ci mostrò delle immagini delle ossa conservate all'Università di Casablanca. Ci accorgemmo immediatamente che appartenevano allo stesso esemplare in quanto avevano la stessa forma, lo stesso colore e la stessa taglia. Nel 2013 quindi si organizzò una spedizione per raccogliere in Marocco le ossa rimaste, promossa da un grande e prestigioso sponsor: la National Geographic Society.
Ma la storia inizia qualche anno prima. Nel 2008 alcuni abitanti di un Villaggio a nord di Erfoud in Marocco trovarono delle ossa fossili lungo un pendio roccioso. Mentre alcune venivano acquistate dall'Università di Casablanca, altre vennero acquistate da un geologo-collezionista italiano, che rendendosi conto della loro importanza scientifica nel 2012 le donò al Museo di Storia naturale di Milano. Nel frattempo io ed il mio collega S. Maganuco avevamo conosciuto un paleontologo tedesco-marocchino Nizar Ibrahim ad un convegno in Inghilterra che ci mostrò delle immagini delle ossa conservate all'Università di Casablanca. Ci accorgemmo immediatamente che appartenevano allo stesso esemplare in quanto avevano la stessa forma, lo stesso colore e la stessa taglia. Nel 2013 quindi si organizzò una spedizione per raccogliere in Marocco le ossa rimaste, promossa da un grande e prestigioso sponsor: la National Geographic Society.
Avete svolto dei confronti con altri reperti di Spinosauro?
Certamente, tutti quelli possibili. Nei musei di mezzo mondo
sono conservate numerose ossa, ma tutte isolate. Quindi abbiamo dovuto fare un
vero e proprio puzzle, per rimettere insieme uno scheletro che ci facesse
capire come davvero fosse fatto uno spinosauro. Tecniche moderne di
modellazione digitale e di scansione dei reperti con la TAC osso per osso, ci hanno
permesso di riassemblare virtualmente lo scheletro e di ricostruirne fedelmente
le parti mancanti, utilizzando sia ossa isolate di altri spinosauri, sia le
immagini dei reperti di Stromer (paleontologo austriaco che per primo rinvenne in Egitto i resti di Spinosaurus aegyptiacus, che nel 1944 vennero distrutti da bombardamenti al Museo di Monaco). Ma poiché le ossa provengono da individui di
età diversa è stato necessario correggerne le dimensioni, usando come
riferimento il grande muso del Museo di Milano, che appartiene ad un adulto. In
due anni di lavoro si è ottenuto un file con il primo scheletro completo di
spinosauro nella storia della paleontologia. Da questo è stato stampato un
modello tridimensionale
Quali sono le caratteristiche comportamentali di questo
dinosauro?
Le fauci da coccodrillo indicano chiaramente che lo
spinosauro cacciava soprattutto pesci, ma ci sono indizi che si nutrisse anche
di piccoli dinosauri erbivori e pterosauri. I sensori di pressione alloggiati
nei fori delle ossa premascellari funzionavano probabilmente come quelli dei
coccodrilli, che permettono di individuare le prede senza vederle, anche di
notte o in acque fangose, tramite le onde che esse producono mentre nuotano. Di
recente si è scoperto un apparato analogo anche nei pliosauri, grandi rettili
marini che all’epoca dei dinosauri popolavano gli oceani di tutto il mondo.
Dunque lo spinosauro cacciava grandi pesci nelle acque dei grandi fiumi, che
nel Cretaceo rendevano il Sahara una immensa distesa di foreste lussureggianti.
Ed era un vero e proprio dinosauro semiacquatico: nuotava con movimento
alternato delle gambe accoppiato ad ondulazioni
laterali della coda. Le gambe corte e il bacino di ridotte dimensioni erano
inadatti a sorreggere a lungo il peso del corpo a terra, in postura bipede. Per
contro le braccia erano lunghe e robuste, abbastanza per aiutare lo spinosauro
nella camminata e a mantenere un equilibrio altrimenti precario.
Quali sono state le strutture ossee dalle quali avete
dedotto che aveva un comportamento semi acquatico?
Gli adattamenti acquatici di Spinosaurus differiscono in
maniera sostanziale da quanto già visto negli altri membri della famiglia degli
spinosauridi, che vivevano prevalentemente sulla terraferma, ma si nutrivano
anche di pesce. Questi adattamenti semiacquatici includono:
- Narici piccole e situate a metà lunghezza del cranio. Le piccole dimensioni e la posizione arretrata delle narici permettevano a Spinosaurus di respirare anche quando buona parte del muso si trovava in acqua.
- Fori neurovascolari all’estremità del muso. Fori simili si trovano sul muso di alligatori e coccodrilli e contengono recettori di pressione che permettono loro di percepire i movimenti in acqua. È assai probabile che queste aperture avessero una funzione similare in Spinosaurus.
- Enormi denti conici con un letale meccanismo di incastro. Quando la bocca si chiudeva, le mascelle formavano una vera e propria trappola da cui nemmeno una preda scivolosa come un pesce poteva fuggire.
- Collo e tronco allungati che spostavano in avanti il baricentro del dinosauro. Questo rendeva complicata la camminata bipede sulla terraferma, ma rendeva più semplici i movimenti in acqua.
- Potenti braccia con artigli ricurvi e affilati come lame. Questi artigli erano l'ideale per agguantare o affettare una preda scivolosa, o troppo grande per essere ingoiata intera.
- Bacino piccolo e gambe corte, con cosce muscolose. Come nelle balene primitive (che avevano ancora le zampe), questi adattamenti sono molto utili per il nuoto, e differenziano nettamente lo spinosauro dagli altri dinosauri predatori, che usavano le gambe per muoversi sulla terraferma.
- Ossa particolarmente dense, prive delle tipiche cavità midollari aperte che caratterizzano i dinosauri predatori. Adattamenti simili, che consentono il controllo dell'assetto in acqua, sono riscontrabili in animali acquatici odierni, come ad esempio i pinguini reali.
- Ossa dei piedi larghe con artigli grandi e piatti. A differenza di altri predatori, Spinosaurus aveva i piedi simili ad alcuni uccelli limicoli che stazionano o si muovono su superfici fangose. Probabilimente Spinosaurus aveva i piedi palmati, utilissimi per camminare nel fango o per nuotare.
- Vertebre della coda articolate tra loro in modo lasco. Ciò permetteva di flettere la coda lateralmente con un moto ondulatorio, come fanno i pesci ossei che la utilizzano per la propulsione.
- Spine delle vertebre dorsali enormi, coperte di pelle a formare una gigantesca "vela" sulla schiena del dinosauro. Le alte spine a forma di lama erano ancorate alla muscolatura del dorso ed erano composte da osso denso, attraversato da pochi vasi sanguigni. Questo suggerisce che la vela avesse la funzione di rendere ben visibile l'animale e non di accumulare o disperdere il calore o immagazzinare riserve di grasso. La vela sarebbe stata visibile anche quando l'animale aveva il corpo immerso nell'acqua.
Lo studio pubblicato su Science ha sollevato delle polemiche
alla vostra interpretazione. La maggior parte della comunità scientifica ha
accolto favorevolmente la vostra proposta, mentre alcuni paleontologi si sono
dimostrati contrari. Per quale motivo?
Nella maggior parte dei casi, si tratta di errori di
interpretazione: hanno fatto misure e calcoli sulla base di fotografie
divulgate dai media, fatte alle ossa quando non erano ancora state ripulite
dalle incrostazioni del sedimento e
riassemblate in posizione anatomica non ancora precisa. In effetti gli arti
posteriori dello spinosauro sembravano anche a noi un po’ troppo ridotti, ma dopo
aver ritrovato il sito scavato dai cercatori di fossili marocchini abbiamo
raccolto molte prove sul fatto che queste nuove ossa appartengano ad un solo
esemplare. E poi anche l’olotipo di Stromer mostrava le stesse identiche
proporzioni tra gambe, cinto pelvico e vertebre dorsali: non è un caso e
statisticamente parlando è impossibile che in entrambi i casi si tratti di due
animali “aberranti” o di un miscuglio “identico” di ossa. Pubblicheremo in futuro una monografia.
Dove sono esposti o verranno esposti questi eccezionali
reperti fossili?
Per raccontare la scoperta, National Geographic Society in
collaborazione con la University of Chicago, il Museo di Storia Naturale di
Milano, l’Université Hassan II di Casablanca, e gli artisti veneti di
Geo-Model, ha realizzato una grande mostra, “Spinosaurus: Lost Giant of the
Cretaceous”, ora inaugurata a Washington. Sono in via di definizione accordi
per portare questa mostra anche a Milano, nel periodo di EXPO 2015. Il protagonista
di tutte queste scoperte potrebbe dunque arrivare a Milano, in carne (con un
modello in grandezza naturale) e ossa (con lo scheletro digitale di 15 metri),
e potrebbe trovare posto a Palazzo Dugnani, antica sede del Museo di Storia
Naturale, rimessa a nuovo per l’occasione. Lo scheletro originale invece
tornerà in Marocco, probabilmente a Casablanca.
C'è qualcosa che non Le ho chiesto e che vorrebbe
aggiungere?
Mi piacerebbe che queste scoperte portassero alla creazione
di nuovi posti di lavoro. Tanti italiani hanno collaborato a questo progetto,
ma solo io ho uno stipendio fisso, e loro restano col problema quotidiano di
come campare…troppo triste, la ricerca scientifica italiana è una eccellenza
riconosciuta più all’estero che da noi….
E adesso la domanda di rito che faccio a tutti i
paleontologi che intervisto. Quando e come è nata in Lei la passione per la
Paleontologia?
Per me la vocazione è arrivata da bambino: nel tempo libero
mi piaceva cercare i fossili delle Alpi venete. In particolare ricordo le
ammoniti, quelle “conchiglie di pietra” che testimoniavano lì, tra le montagne
di Asiago (paese natale di mio padre), la presenza di un antico oceano. Mi
eccitava l’idea che dalla terra potesse riaffiorare qualcosa di quel passato
remoto che esisteva prima dell’uomo. Ma solo a 25-26 anni ho veramente capito
che avrei fatto il paleontologo di professione, dato che in questo settore è
molto difficile trovare lavoro.
Tiziana Brazzatti
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