SVELATI I "SEGRETI" DEL DNA DEL CAFFÈ
È stato sequenziato il genoma della Coffea canephora, una pianta da cui si ricava la qualità di caffè robusta: scopo della ricerca è produrre varietà più resistenti e diminuirne l'impoverimento genetico. Anche ENEA nel team internazionale di ricerca.
Chicchi di Caffè tostati - Shutterstock |
Uno studio pubblicato nell’ultimo numero della prestigiosa rivista Science riporta la decodifica del genoma di una delle più importanti piante alimentari: il caffè. Ricercatori provenienti da 9 Paesi (Italia, Francia, USA, Canada, Australia, Germania, Brasile, India e Indonesia) hanno sequenziato il genoma di Coffea canephora (o robusta), che costituisce circa il 35% della produzione mondiale di caffè. L’Italia ha visto la partecipazione di ricercatori dell’ENEA e dell’Università di Trieste.
Il primo genoma di una pianta fu sequenziato appena una quindicina di anni fa, nel 2000, con l’Arabidopsis thaliana, un’erbaccia infestante comune ma utilizzata dai ricercatori perché particolarmente semplice da studiare, esattamente come nel regno animale accade per il moscerino della frutta (Drosophila melanogaster), utilizzato spesso nei laboratori di genomica perché semplice da riprodurre e analizzare.
Oggi le piante sequenziate sono oltre cinquanta: dalla vite (2007) al melo (2010), dal pomodoro (2912) alla banana (2012), dal riso (2014), al frumento (2014).
Lo studio del genoma delle piante ha ricadute scientifiche e commerciali. Nel caso del caffè si capisce bene perché: i suoi chicchi aromatici muovono un’economia miliardaria su scala globale. L’anno scorso, secondo le stime della International Coffe Organization, sono state prodotte 8,7 milioni di tonnellate di caffè. La sua industria impiega 26 milioni di persone in 52 paesi, e se ne consumano al mondo oltre due miliardi di tazze al giorno.
Oggi le piante sequenziate sono oltre cinquanta: dalla vite (2007) al melo (2010), dal pomodoro (2912) alla banana (2012), dal riso (2014), al frumento (2014).
Pianta con semi di Caffè in Tailandia - Shutterstock |
Giovanni Giuliano, che ha coordinato i ricercatori dell’ENEA, descrive così le principali conclusioni dello studio: “Il genoma del caffè è piuttosto ‘semplice’ ed è simile a quello, ipotetico, del progenitore comune di tutte le Asteridi, che comprendono il 25% delle piante superiori. Contiene circa 27 mila geni, contro i 35 mila del pomodoro e della patata, che sono evolutivamente vicine al caffè, ma in cui il genoma si è triplicato circa 70 milioni di anni fa.
Malgrado l’assenza della triplicazione nel caffè, alcuni geni specifici, come quelli che sintetizzano la caffeina, si sono duplicati, rimanendo sul cromosoma originario o saltando su cromosomi diversi, e poi si sono specializzati nella sintesi di questa sostanza. Lo studio di questi eventi di duplicazione in altre specie ci ha permesso di concludere che la caffeina è stata ‘inventata’ più di una volta durante l’evoluzione delle piante. Questa conclusione è in accordo con la presenza della caffeina in molte piante diverse come il tè, il cacao, il guaranà e la yerba mate e con la sua importanza per la loro ecologia: uno studio recente, pubblicato anch’esso su Science, dimostra che gli insetti impollinatori ritornano più spesso sui fiori ricchi in caffeina per ‘bere un altro sorso’ di nettare”.
Con oltre due miliardi di tazzine al giorno, il caffè è uno dei principali infusi consumati dall’uomo, la seconda commodity per valore commerciale dopo il petrolio, ed è alla base di una fiorente industria di trasformazione italiana.
I dati completi dello studio sono disponibili sul sito http://coffee-genome.org/.
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