I LEMURI DEL MADAGASCAR SALVATI DALL'UNIVERSITÀ DI TORINO
Un progetto di riforestazione del bambù in Madagascar per tutelare l'ambiente e salvare le due specie di lemure endemiche. A finanziare l'iniziativa UIZA (Unione italiana giardini zoologici e acquari) e alcune strutture zoologiche appartenenti all'associazione (Zoom Torino, Parco Natura Viva, Parco Valcorba, Giardino Zoologico di Pistoia, Parco Zoo Punta Verde, Parco Zoo di Falconara e dal Parco delle Maitine).
Un lemure dal naso grande (Hepalemur griseus) - Credits: Duke Primate Center |
In questo momento Giovanna Bonadonna, una dottoranda in “Biologia e biotecnologie applicate” è presente al centro di ricerca insieme a sei studenti di Torino. Fra sei mesi termineranno il loro stage e a loro subentreranno gli studenti dell’Università di Tamatave e Antananarivo, in Madagascar.
Marco Gamba è il giovane ricercatore che ha approfondito nel tempo lo studio del linguaggio dei lemuri. Valeria Torti è impegnata nei progetti di cooperazione allo sviluppo dei villaggi presenti ai confini della foresta e coordina il numeroso gruppo di volontari e di studenti che fanno questa esperienza di cooperazione in Madagascar.
Il progetto denominato Volohasy, che in malgascio significa bambù, promosso dal Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell'Università di Torino, interessa la foresta pluviale degli alberi dragone di Maromizaha, nella porzione centro-orientale del Madagascar e prevede la messa a dimora nelle aree degradate della foresta di piante di bambù (in Madagascar ne esistono 33 specie diverse di cui 32 endemiche).
In principio ne sarà piantato 1 ettaro per poi estendere l'esperienza ad altri 10 ettari. Obiettivo, affiancare all'azione di riforestazione un'opera di 'habitat restoration' per l'Apalemure grigio (Prolemur simus) e il Lemure dal naso grande (Hepalemur griseus), specie che vivono nelle aree di foresta limitrofa a Maromizaha e la cui alimentazione per il 95% legata al bambù.
Il Lemure dal naso grande (Prolemur simus), una specie che si pensava estinta, è stata riscoperta proprio in questa zona in numero di circa 250 individui. Per seguire gli animali saranno installate alcune camera-traps che opportunamente collocate tra i cespugli e munite di fotocellule monitoreranno l'area ed entreranno in azione al passaggio degli animali.
Maromizaha fa parte di un corridoio ecologico istituito nel 2005 per tutelare la ricchezza di fauna e flora che conta 433 specie vegetali, 13 specie di lemuri, 77 di uccelli, 60 di anfibi e 20 di rettili. Il 77% di queste specie endemico e non esiste in nessun'altra parte del mondo.
La foresta si riduce a causa della pratica del "tavy" (taglia e brucia) per far spazio a pascoli dall'estemporaneo rendimento cui si aggiunge il taglio illegale per la produzione di carbone e di materiale da costruzione, senza contare poi che, nel 2012, nell'area accanto a Maromizaha sono iniziati i lavori di estrazione mineraria che hanno ulteriormente determinato lo spostamento degli animali.
Il programma prevede il ripristino della originaria foresta di bambù, partendo dalla messa a dimora di germogli di specie endemiche che saranno donati dai villaggi della zona in un’area degradata di 1 ettaro. Verrà coinvolta la popolazione locale che conta cinque villaggi per un totale di 4.000 persone, con un contributo di 7.000 mentre ne serviranno altri 8.000 euro per rendere l'azione sostenibile in tre anni.
Maromizaha fa parte di un corridoio ecologico istituito nel 2005 per tutelare la ricchezza di fauna e flora che conta 433 specie vegetali, 13 specie di lemuri, 77 di uccelli, 60 di anfibi e 20 di rettili. Il 77% di queste specie è endemico e non esiste in nessun’altra parte del mondo. La foresta si riduce a causa del tavy (taglia e brucia) per far spazio a pascoli dall’estemporaneo rendimento cui si aggiunge il taglio illegale per la produzione di carbone e di materiale da costruzione, senza contare poi che, nel 2012, nell’area accanto a Maromizaha sono iniziati i lavori di estrazione mineraria che hanno ulteriormente determinato lo spostamento degli animali.
L’intento principale del progetto è quello di riforestare almeno 10 ettari in modo da arrivare a un vero e proprio restauro di habitat di estensione paragonabile al territorio necessario ad un gruppo del rarissimo “Lemure dal naso grande” (Prolemur simus) per trovare il cibo necessario a sopravvivere. Si tratta di creare nel cuore dell’area protetta di Maromizaha un rifugio per i lemuri dal naso grande e gli Apalemuri grigi (Hapalemur griseus), che vivono nelle aree di foresta limitrofa a Maromizaha e la cui alimentazione è per il 95% legata al bambù.
Il punto di forza del progetto VOLOHASY-BAMBÙ è rappresentato dal coinvolgimento della popolazione locale che conta cinque villaggi per un totale di 4.000 persone; una parte di queste è già impegnata in cinque vivai ed è dedita alla riproduzione di piante a scopo alimentare; contemporaneamente saranno costruite serre per produrre bambù, manufatti e materiale utile per un’edilizia sostenibile. Una parte attiva nel progetto è anche quella condotta dai ricercatori e studenti dell’Università di Torino, che sono coinvolti sul campo sia in attività di ricerca sia di cooperazione allo sviluppo, con una attenzione particolare alla conservazione della biodiversità ed allo sviluppo sostenibile. Numerosi sono i ricercatori provenienti da tutte le parti del mondo che collaborano al progetto, oltre ai ricercatori dell’associazione malgascia GERP.
VOLOHASY-BAMBÙ è coordinato dal gruppo di lavoro della Prof.ssa Cristina Giacoma del Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell’Università di Torino ed è sostenuto economicamente sia dall’UIZA sia da alcune delle strutture appartenenti all’Associazione (Zoom Torino, Parco Natura Viva, Parco Valcorba, Giardino Zoologico di Pistoia, Parco Zoo Punta Verde, Parco Zoo di Falconara e dal Parco delle Maitine).
Gli aggiornamenti sul progetto saranno pubblicati su:
Gli aggiornamenti sul progetto saranno pubblicati su:
Ulteriori informazioni su: www.hackunito.it/project/mad-foru
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