L’ACQUA ALLA NANOSCALA CI AIUTERÀ A PROGETTARE TECNOLOGIE INNOVATIVE DALLA MEDICINA ALL’ENERGIA
Un modello messo a punto dal Politecnico di Torino in collaborazione con lo Houston Methodist Research Institute (USA) e presentato sulla rivista Nature Communications codifica le sorprendenti caratteristiche dell’acqua in prossimità di superfici solide alla nanoscala. Prima applicazione, il potenziamento delle proprietà degli agenti di contrasto nella risonanza magnetica.
Sono ingegneri, del settore meccanico afferenti al Dipartimento Energia del Politecnico di Torino, e in collaborazione con lo Houston Methodist Research Institute (Texas, USA) hanno realizzato un modello che promette di fornire un grande contributo alla medicina, ma non solo. La prestigiosa rivista Nature Communications [*] ha appena pubblicato la loro ricerca che parte dall’acqua e dalle sue innumerevoli proprietà, molte delle quali ancora da scoprire.
Nuotare in una piscina riempita di miele. Questa è la sensazione che deve “provare” una molecola di acqua entro pochi nanometri da una superficie solida, cioè quando si considerano distanze circa diecimila volte più piccole del diametro di un capello. Il fenomeno di riduzione di mobilità dell’acqua in prossimità di superfici alla nanoscala, già noto nella comunità scientifica come “nanoconfinamento”, è dovuto alle forze attrattive elettrostatiche e di van der Waals, predominanti a quelle scale.
I ricercatori del Politecnico di Torino e dello Houston Methodist Research Institute hanno però fatto un passo ulteriore: per la prima volta sono riusciti a dare un’interpretazione fisica e una quantificazione di questo fenomeno, tramite un modello che mette in relazione le caratteristiche geometriche, chimiche e fisiche di una qualsiasi superficie nanoconfinante (es. proteine, nanotubi di carbonio, nanopori di silice, nanoparticelle ferrose) alla proprietà di “supercooling” dell’acqua, ovvero ad uno stato simile a quello liquido che permane anche a temperature ben inferiori a 0° centigradi, nel caso in cui ci si trovi in prossimità di superfici alla nanoscala.
Questo è il risultato a cui sono giunti, dopo più di due anni di ricerche ed esperimenti in silico (cioè al computer) ed in vitro (cioè in laboratorio), Eliodoro Chiavazzo, Matteo Fasano, Pietro Asinari (Multi-Scale Modelling Lab, Dipartimento Energia al Politecnico di Torino) e Paolo Decuzzi (Center for the Rational Design of Multifunctional Nanoconstructs dello Houston Methodist Research Institute).
Il rilievo della scoperta è dato dal suo immediato impatto nell’ottimizzazione e progettazione di tecnologie innovative in una vasta gamma di ambiti: dalla fisica tecnica (es. “nanofluidi” formati da acqua e nanoparticelle per lo scambio termico ad elevate prestazioni) all’energia sostenibile (es. batterie termiche che utilizzano acqua nanoassorbita per accumulare calore); dal rilevamento e rimozione di inquinanti nell'acqua (es. mediante “nanofiltri” molecolari) alla nanomedicina.
Proprio la nanomedicina è il settore in cui la scoperta pubblicata su Nature Communications trova una prima applicazione. Ogni anno si stima che circa sessanta milioni di risonanze magnetiche siano effettuate a fini diagnostici. Nell’ultimo decennio questa tecnologia ha giovato dei notevoli progressi scientifici nel settore, che l’hanno resa sempre più precisa e nitida nella diagnosi di patologie di vario genere. Uno dei maggiori contributi nell’aumento di prestazioni della risonanza magnetica proviene dagli agenti di contrasto, sostanze che, se introdotte nel paziente, rendono maggiormente visibili i dettagli dei tessuti in cui tendono a depositarsi, aumentando così il contrasto dell’immagine ottenuta dallo scanner.
La ricerca in oggetto ha permesso di spiegare l'aumento di prestazioni degli agenti di contrasto che si basano sul nanoconfinamento dell'acqua, in fase di sviluppo e test in vivo presso lo Houston Methodist Research Institute, rispetto a quelli già presenti sul mercato. Tale ricerca pone le basi per progettare nuove soluzioni ad oggi inesplorate, ad esempio, per migliorare la qualità delle immagini ottenute tramite risonanza magnetica, offrendo quindi la potenzialità di diagnosi più accurate e precoci per milioni di pazienti ogni anno.
Sono già in fase evoluta e di prossima pubblicazione ulteriori ricerche, condotte da Paolo Decuzzi con un gruppo di ricerca più esteso e multidisciplinare di cui fa parte anche lo stesso team del Politecnico, che apre le porte alla possibilità di realizzare “nano-trasportatori” polimerici o di silicio contenenti agenti di contrasto ferrosi, non solo in grado di migliorare la nitidezza delle immagini da risonanza magnetica, ma allo stesso tempo di accumularsi specificatamente nella zona affetta da patologia, grazie alla guida magnetica esterna. Accumulo che rende poi possibile un rilascio controllato di agenti terapeutici oppure un trattamento ipertermico localizzato, offrendo così un approccio “teragnostico” alla lotta contro il cancro, cioè contemporaneamente terapeutico e diagnostico.
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