DALL’OVERSHOOT DAY AL VIVERE A SPRECO ZERO
L’overshoot day è
il giorno dell’anno in cui esauriamo le risorse di energia, materie prime,
acqua e cibo che abbiamo a disposizione.
Nel 2013 l’overshoot day è stato il 20 agosto. Poiché da
quella data cominciamo ad usare le risorse dell’anno successivo, l’overshoot
day ogni anno arriva prima. Nel 1993 era stato a fine ottobre.
In pratica abbiamo perso 2 mesi in 10 anni: ci stiamo
mangiando la “terra” dei nostri nipoti.
Ma ancora ci sta andando bene, perché esistono i popoli che
hanno fame. Se un giorno i cinesi decidessero di mangiare pesce come
fanno i giapponesi, ne consumerebbero 100 milioni di tonnellate l’anno, ma le
tonnellate di pesce che si pesca nel mondo in un anno sono 110 milioni, e se
decidessero di mangiare carne come gli americani, non basterebbe tutta quella
prodotta.
Prof. Andrea Segrè Professore Ordinario di Politica Agraria Internazionale e Comparata |
Come ci ricorda Andrea Segrè nel suo libro Vivere a spreco zero (Marsilio Editori) il più grande spreco è quello alimentare.
Vivere a spreco zero non vuol dire sotto nutrirsi, vuol dire
non consumare più di quanto ci sia necessario. Ma l’uomo è consumista.
L’autore riporta una interessante rilettura psicologica del consumismo.
Per comprenderla dobbiamo ricordarci che abbiamo smesso di
essere cacciatori/raccoglitori poco tempo fa nella storia dell’uomo e che
questo comportamento è ancora saldamente vivo nel nostro cervello rettiliano.
Ciò cosa comporta? Ciò comporta che siamo abituati a
mangiare fintanto che ce n’è, perché “non sappiamo” quando mangeremo di nuovo.
Se riesco a uccidere un elefante, lo dovrò consumare prima che vada a male,
senza sapere quando mangerò di nuovo.
L’uomo è naturalmente
portato a consumare fintanto che ce n’è.
Per liberarci da questo automatismo dobbiamo passare all'assunzione di responsabilità e di coscienza di
tutti.
“Vivere a spreco zero deve
diventare una scelta consapevole ed etica” (1). Non sprecare non significa fare
senza, privarsi, ma equivale ad avere sempre a sufficienza.
Nei paesi sviluppati, e in Europa in particolare, la maggior parte dello spreco alimentare
si «consuma» fra le mura domestiche: ciò che si spreca a casa propria conta
molto di più di tutti gli altri sprechi messi assieme, per valore e per
quantità. Bisogna evitare, per quanto possibile, che del cibo ancora buono venga gettato via. Ma per
poter prevenire bisogna prima capire quanto cibo ancora commestibile finisce nella
spazzatura e perché questo accade.
Arancia con un po' di muffa |
Facciamo l’esempio di un cibo che presenta
muffa. Spesso ho visto che se una pesca presenta in una piccola area della sua
superficie della muffa, essa viene
buttata via in toto.
Nella notte dei ricercatori 2012 uno studio era dedicato alla muffa, così ho chiesto ai
ricercatori se una pesca di questo tipo potesse essere mangiata. La risposta è
stata affermativa. Se è vero che i batteri presenti nella muffa sono anche diffusi
in tutta la pesca, è ancor più vero che per farmi venire il mal di pancia
mangiandoli dovrei ingurgitare un chilo di pesche piene di muffa. Quindi se getto solo la parte ammuffita e
mangio il resto non accadrà nulla alla mia salute.
Se ne deduce che molti cibi vengono sprecati
per ignoranza.
Prima di gettare via cibo che ha superato la
data “da consumarsi preferibilmente entro” dobbiamo usare il nostro naso e il
palato. Se quel cibo (anche fresco come lo yogurt) non ha un cattivo odore o un
gusto acido, allora è consumabile.
E’ importante fare una distinzione tra perdite
e sprechi. Le perdite alimentari riguardano le fasi di produzione, raccolta e
post produzione e ammontano a circa il 57% di ciò che viene prodotto. Gli
sprechi di cibo invece riguardano il consumo e ammontano allo 0,23% del PIL, in
pratica al 60% di quanto si spende per la ricerca e lo sviluppo.
Qual è il cibo più sprecato? E’ l’alimento base
dei popoli: il pane. In Italia un
terzo del pane acquistato finisce nella pattumiera.
Quali sono le cause dello spreco? Non
consumiamo ciò che compriamo in tempo, compriamo e cuciniamo più di quanto
necessitiamo e quindi produciamo avanzi non sempre recuperabili, non
conserviamo correttamente gli alimenti, acquistiamo gli alimenti in base alla
data di scadenza (vita residua) e produciamo involontariamente invenduti che
andranno sprecati.
Mi ricordo una volta di aver sentito dire da Luciano De Crescenzo che quando lui era piccolo i rifiuti non esistevano. Ma come facevano i nostri genitori e i nostri nonni? Questa domanda non vuole riportarci indietro nei tempi, ma ci induce a riflettere sulle soluzioni che avevano trovato i nostri antenati. La seconda parte del testo di Segrè ci guida attraverso iniziative, non solo alimentari, che possono portare l’uomo di oggi a non sprecare energia elettrica, energia per la produzione dei prodotti di consumo, energia per la cottura dei cibi e per il trasporto delle persone, a non sprecare il cibo e ad usare correttamente gli elettrodomestici ed infine a ridurre i rifiuti da imballaggio.
NOTE
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