FISICA ATOMICA ALLO ZERO ASSOLUTO
Immaginate un bambino di 5 anni: voi cercate di misurarlo o pesarlo e lui non sta fermo un attimo. Gli dite di star fermo ma lui non sta mai completamente fermo. Alla fine lo misurate lo stesso, ma in maniera parecchio imprecisa.
Un atomo è come un bambino di 5 anni: non sta mai fermo. Diciamo allora che è possibile ricorrere alla statistica, d'altronde come potremmo altrimenti determinare il moto di miliardi di particelle?
Ebbene, la storia che voglio raccontarvi comincia nell'estate del 1924, quando il fisico indiano S. N. Bose chiese ad Einstein un aiuto per pubblicare un suo scritto. Quello scritto proponeva di trattare le particelle di luce come particelle di un gas al quale era possibile applicare una nuova statistica. L'articolo piacque ad Einstein che, oltre a farlo pubblicare, ne sviluppò il contenuto teorizzando che quelle particelle di gas avrebbero finito per occupare lo stesso stato quantistico, a condizione di raggiungere temperature prossime allo zero assoluto (zero gradi Kelvin corrispondono ai nostri -273,15 gradi Celsius).
Ma come si comportano gli atomi ultra-raffreddati? Ogni volta che c'era un compito in classe, il mio professore di Ragioneria entrava in aula ed esclamava: "Siete tutti attaccati come dei pinguini!!! Forza, disperdetevi ed occupate tutta l'aula!!!". Ecco, alcune particelle - dette bosoni - sono proprio come dei pinguini e seguono la statistica di Bose-Einstein; altre - dette fermioni - sono piuttosto asociali in quanto ciascuna di esse occupa un solo stato di energia (invece che trovarsi in massa, come i bosoni, tutti insieme appassionatamente nello stesso stato di energia), e seguono una statistica diversa (introdotta da Fermi nel 1926).
Torniamo ora al nostro atomo irrequieto. Se abbiamo un gas composto da particelle che si muovono in maniera casuale non possiamo fare granché, ma se riusciamo a rallentare la corsa degli atomi, tutto cambia. Potremo vedere le cose in maniera più nitida. Per rallentare gli atomi occorre raffreddarli, "esiste però una temperatura limite, lo zero assoluto, che è irraggiungibile poiché corrisponderebbe ad assenza di movimento".
Per raffreddare gli atomi si procede in due fasi: prima si utilizza il laser e poi si effettua "una specie di evaporazione". "Si noti che non si tratta di un raffreddamento, per così dire normale: il gas è estremamente rarefatto e resta tale, cioé non liquefa o solidifica come in una qualsiasi transizione di stato".
In un certo senso, quando l'atomo viene colpito da un fotone, è costretto ad arretrare. Naturalmente non basta un fotone, ne servono moltissimi per ottenere un effetto apprezzabile. Così la velocità degli atomi risulterà ridotta, ma non abbastanza. Serve un'ulteriore sforzo: l'evaporazione che - come quando si soffia sul caffè bollente - consente di disperdere le molecole più calde (ed energetiche) ed assestare quelle rimanenti su un livello energetico più basso e quindi con una velocità ulteriormente ridotta.
Come si possono riunire idealmente gli atomi sul fondo di una tazzina da caffè? L'obiettivo è raffreddarli ulteriormente ed ottenere un condensato, proprio come quello teorizzato nel 1924 da Bose ed Einstein. Uno dei modi per costringere gli atomi a restare tutti insieme (per pochi minuti) in uno spazio ridotto è utilizzare una trappola magnetica, il cui principale ingrediente è un campo magnetico disomogeneo. Si può così ottenere il condensato di Bose-Einstein.
Naturalmente non è semplice, e tanto tempo è stato speso da Massimo Inguscio e dai suoi collaboratori per ottenere un tale risultato (e, in realtà, anche molti altri risultati, degni di rilievo internazionale). Questa splendida avventura della conoscenza - che io ho appena sinteticamente introdotto - è ben raccontata nel libro "Fisica atomica allo zero assoluto", scritto appunto da Massimo Inguscio e pubblicato dall'editore Di Renzo nel 2012.
Walter Caputo
NOTE
Le parti virgolettate nell'articolo sono tratte dal libro di Massimo Inguscio
Un atomo è come un bambino di 5 anni: non sta mai fermo. Diciamo allora che è possibile ricorrere alla statistica, d'altronde come potremmo altrimenti determinare il moto di miliardi di particelle?
Ebbene, la storia che voglio raccontarvi comincia nell'estate del 1924, quando il fisico indiano S. N. Bose chiese ad Einstein un aiuto per pubblicare un suo scritto. Quello scritto proponeva di trattare le particelle di luce come particelle di un gas al quale era possibile applicare una nuova statistica. L'articolo piacque ad Einstein che, oltre a farlo pubblicare, ne sviluppò il contenuto teorizzando che quelle particelle di gas avrebbero finito per occupare lo stesso stato quantistico, a condizione di raggiungere temperature prossime allo zero assoluto (zero gradi Kelvin corrispondono ai nostri -273,15 gradi Celsius).
Ma come si comportano gli atomi ultra-raffreddati? Ogni volta che c'era un compito in classe, il mio professore di Ragioneria entrava in aula ed esclamava: "Siete tutti attaccati come dei pinguini!!! Forza, disperdetevi ed occupate tutta l'aula!!!". Ecco, alcune particelle - dette bosoni - sono proprio come dei pinguini e seguono la statistica di Bose-Einstein; altre - dette fermioni - sono piuttosto asociali in quanto ciascuna di esse occupa un solo stato di energia (invece che trovarsi in massa, come i bosoni, tutti insieme appassionatamente nello stesso stato di energia), e seguono una statistica diversa (introdotta da Fermi nel 1926).
Torniamo ora al nostro atomo irrequieto. Se abbiamo un gas composto da particelle che si muovono in maniera casuale non possiamo fare granché, ma se riusciamo a rallentare la corsa degli atomi, tutto cambia. Potremo vedere le cose in maniera più nitida. Per rallentare gli atomi occorre raffreddarli, "esiste però una temperatura limite, lo zero assoluto, che è irraggiungibile poiché corrisponderebbe ad assenza di movimento".
Per raffreddare gli atomi si procede in due fasi: prima si utilizza il laser e poi si effettua "una specie di evaporazione". "Si noti che non si tratta di un raffreddamento, per così dire normale: il gas è estremamente rarefatto e resta tale, cioé non liquefa o solidifica come in una qualsiasi transizione di stato".
In un certo senso, quando l'atomo viene colpito da un fotone, è costretto ad arretrare. Naturalmente non basta un fotone, ne servono moltissimi per ottenere un effetto apprezzabile. Così la velocità degli atomi risulterà ridotta, ma non abbastanza. Serve un'ulteriore sforzo: l'evaporazione che - come quando si soffia sul caffè bollente - consente di disperdere le molecole più calde (ed energetiche) ed assestare quelle rimanenti su un livello energetico più basso e quindi con una velocità ulteriormente ridotta.
Come si possono riunire idealmente gli atomi sul fondo di una tazzina da caffè? L'obiettivo è raffreddarli ulteriormente ed ottenere un condensato, proprio come quello teorizzato nel 1924 da Bose ed Einstein. Uno dei modi per costringere gli atomi a restare tutti insieme (per pochi minuti) in uno spazio ridotto è utilizzare una trappola magnetica, il cui principale ingrediente è un campo magnetico disomogeneo. Si può così ottenere il condensato di Bose-Einstein.
Massimo Inguscio |
Walter Caputo
NOTE
Le parti virgolettate nell'articolo sono tratte dal libro di Massimo Inguscio
Post a Comment