Prendete una cartina geografica e provate a ritagliare i continenti del Sud America e dell'Africa. Poi avvicinate i margini delle coste bagnate dall'Oceano Atlantico.
Cosa notate? Osservate bene. Combaciano?
Certo! I
contorni di questi due
continenti si incastrano come
le tessere di un puzzle. Il primo ad intuire che i continenti potessero adattarsi tra di loro fu
Alfred Lothar Wegener.
Questo grande esperto di puzzle non fu uno scienziato comune.
Dopo la
laurea in Astronomia all'università di Berlino si dedicò alla sua passione più grande: gli aquiloni e i palloni per le osservazioni meteorologiche.
Coinvolgendo nelle sue avventure anche suo fratello Kurt, superò il record mondiale di permanenza in volo salendo su un pallone aerostatico per 52 ore consecutive per verificare alcuni strumenti scientifici.
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Immagine di Tiziana Brazzatti che mostra
come i contenti combacino lungo le linee di confine |
Uno scienziato, che potremmo definire “con la testa tra le nuvole”, si appassionò anche alle esplorazioni dell'ambiente artico. Partecipò a 3 avventurose spedizioni nei ghiacci della Groenlandia.
E durante le traversate sulle distese ghiacciate e l'esecuzione dei suoi esperimenti di meteorologia ebbe l’idea geniale che lo consacrò alla scienza come il più grande geologo del 1900.
Con la curiosità di bambino, osservando una cartina geografica, gli venne in mente di fare un "taglia, cuci e incolla" dei continenti, scoprendo che alcuni si incastravano alla perfezione, come in un puzzle. È probabile che la sua mente per l'eccitazione sia andata in tilt, fulminata.
Dopo essersi ripreso dal turbinio mentale del genio però formulò una domanda:
e se i continenti si muovessero sotto i nostri piedi? Ipotizzò così una nuova teoria, che chiamò "
deriva dei continenti". Wegener affermò che i continenti, circa 250 milioni di anni fa, costituivano un unico blocco di terre emerse che chiamò
Pangea (tutta terra) e che ad un certo punto nel tempo si separarono andando alla deriva fino a disporsi nella loro attuale posizione.
Portò a favore della sua ipotesi geografica delle tessere del puzzle altre prove.
1) quelle paleontologiche: altri scienziati avevano trovato dei resti di un piccolo rettile simile ad un piccolo coccodrillo sia in Brasile che in Sudafrica e di una pianta in Sudamerica, Africa, India, Australia e Antartide. La loro presenza su questi continenti indicava che le terre emerse in epoche passate dovevano essere unite tra loro. E' improbabile che il rettile avesse nuotato da un continente all'altro attraverso l'oceano o che la pianta fosse volata da un continente all'altro.
2) quelle geologiche: lungo la costa occidentale del Sudamerica e quella orientale africana ci sono le stesse rocce.
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Immagine di Tiziana Brazzatti
Resti paleontologici simili si ritrovano in tutti i continenti |
3) quelle climatiche: dei ghiacciai anticamente avevano lasciato traccia della loro presenza in Africa, Brasile e India, che sono luoghi attualmente distanti dai Poli. Quindi Wegener ipotizzò che soltanto riunendo tutti i continenti e collocandoli più a Sud ciò era possibile.
Per mezzo secolo, i geologi avevano ignorato queste teorie eterodosse e originali, asserendo che
Wegener fosse completamente pazzo (
successe anche all'Italiano e Premio Nobel Guglielmo Marconi, ma qui l'aggravante era l'autorevole errore di sottovalutazione dell'intera comunità scientifica internazionale, ndr).
Con quale meccanismo i continenti si sarebbero potuti spostare? Wegener non seppe rispondere a questa domanda e per tutta la vita cercò di dimostrare la propria teoria, convinto che le tesserine sudamericana e africana combaciassero. Fedele al suo spirito avventuroso nel 1930 partecipò alla terza spedizione in Groenlandia.
Ma è qui che accadde la tragedia: durante una tempesta di neve nel tentativo di tornare al campo base perse la vita.
La sua teoria si ritrovò così, di punto in bianco, senza un padre. Soltanto, dopo 30 anni, altri colleghi scienziati compresero la validità delle sue scoperte.
Scienziati "giocherelloni" che sapevano divertirsi anche con i puzzle.
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L'autrice
La Prof.ssa Tiziana Brazzatti si è laureata in Scienze Geologiche
presso la Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali dell'Università di Trieste
Nel 1994 ha scoperto il più grande e meglio conservato dinosauro italiano: un Tethyshadros insularis di 4 metri meglio conosciuto con il nome di "Antonio".
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