Il menù comprende un piatto noto ai gourmet più esperti, ma ignoto ai più.
Nonostante il nome poco attrattivo -
Econofisica - cresce la curiosità generale verso questo fritto misto di Fisica, Economia e Finanza che - si spera - possa addolcire i molti bocconi amari e indigesti di questi giorni.
I tempi di crisi giocano a favore, e tutti oggi vogliono saperne di più: chissà che una base "scientifica" (Fisica) sia in grado di correggere il gusto dominante dell’altro ingrediente, ormai fuori controllo (Finanza).
Allo chef è richiesta una competenza particolare, senza la quale è impossibile superare le obiettive difficoltà di una preparazione che si basa sul corretto utilizzo dei componenti: la Fisica da sola non basta, ma è utilissima nel dare sostanza ed equilibrio a quella Finanza, che tende a schiacciare ogni altro sentore, reagendo ai fornelli in modo caotico e apparentemente irresponsabile.
Così la Fisica, che dà il meglio di sè in ricette raffinate come quelle a base di particelle elementari e onde gravitazionali, potrebbe ridurre l’acidità e ammorbidire le asprezze, riuscendo a soddisfare anche i palati più attenti e meno avvezzi al gusto vile e grossolano dei ‘denè’.
La ricetta ha ottenuto un riconoscimento formale nel ’97, quando a Budapest è stato per la prima volta servita l’Econofisica in bella vista, durante la cena di gala di un grande convegno internazionale. Già prima di allora, però, abili professionisti formatisi nella migliori scuole di haute cuisine, l’avevano inserita nei loro menù: un’indagine statistica segnalava che già nel ‘98 la metà dei giovani fisici teorici (e matematici) inglesi e americani usciti da Università come Harvard offrivano un servizio di Econofisica apprezzato (e molto ben pagato) nel mondo della finanza.
Il fenomeno, fino a ieri limitato alla realtà anglosassone, si è poi lentamente riprodotto anche in altri Paesi, tra cui l’Italia, favorito probabilmente dalla globalizzazione.
Uscendo dalla metafora culinaria, l’estrema volatilità dei mercati sta mettendo a dura prova non solo la tenuta del sistema, ma quello stesso modello teorico della finanza che va sotto il nome di
«ipotesi dei mercati finanziari efficienti» (Emh). Assimilando i mercati alla categoria dei "fenomeni complessi" (caratterizzati da un numero più o meno grande di variabili, la cui evoluzione è molto difficile prevedere), i fisici hanno sviluppato diversi tipi di approccio.
In particolare, un teorema elaborato da
Lorenz descrive con eleganza il senso del caos deterministico e spiega come anche fenomeni semplici possono generare comportamenti e traiettorie imprevedibili: il
battito d’ali di una farfalla che svolazzando in Brasile è in grado di provocare un tornado in Texas, è esattamente ciò che si verifica puntualmente tutti i giorni, specie in questa fase di estrema turbolenza.
Insomma, nuove professionalità possono utilmente integrare quelle della Finanza tradizionale e favorire un approccio alternativo e più scientifico ai problemi, trattando i mercati per quello che sono, cioè fenomeni complessi. Ma fino a che punto l’Econofisica aiuta a combattere l’imprevedibilità dei mercati? Una cosa è certa, non lo sapremo finchè non interverranno regole certe sulla speculazione.
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