INATTESI SPUNTI SCIENTIFICI IN UN TESTO DI NARRATIVA: IL FUNAMBOLO
"Allora? Come stanno veramente le cose? Qual è la verità? Che cosa può nascondersi dietro una frase, dietro un pensiero scritto?". Si tratta di domande che tutti, prima o poi, si sono posti. E' capitato anche a me, quando -in vacanza- ho scoperto di avere un cugino scrittore (non che non sapessi di avere quel cugino, ma ignoravo che si dedicasse, tra le altre cose, alla letteratura). L'incipit di questo articolo è tratto dal suo romanzo "Il funambolo", pubblicato nel 2008 da Giraldi Editore.
Gerardo Caputo, autore del testo in oggetto, ha scritto un'opera diversa dai romanzi che generalmente si leggono sotto l'ombrellone. Ed io non ho ancora finito di leggerlo, ma sento il bisogno di scriverne perchè ho fatto una prima lettura scientifica del testo, scoprendo che anche la fisica può coniugarsi con la letteratura.
Innanzitutto l'autore si dichiara "costantemente insoddisfatto" perchè il tempo è troppo prezioso per riuscire a sfruttarlo in maniera adeguata. Molti "trascorrono il loro tempo in chiacchere, in passatempi noiosi, in lavori alienanti (...)" e non si rendono conto che stanno gettando via la propria esistenza. Il tempo è ben speso se viene utilizzato per accrescere le proprie conoscenze (e questa è anche la mia personale filosofia di vita). Ognuno dovrebbe chiedersi, magari a fine giornata, "ho capito di più le cose del mondo, sono riuscito a penetrare anche soltanto di un millimetro nel mistero dell'universo"?
Il tempo è la risorsa più scarsa che possediamo e dobbiamo quindi impiegarlo al meglio, impegnadoci nella ricerca -anche letteraria- della verità. Ciò è quanto -ad una prima parziale lettura- sembra dirci l'autore. Che calca la mano su questo argomento, immaginando che in metropolitana il tempo trascorra soltanto per gli altri, che in breve diventano "carne marcia". La natura farà il suo corso e la fine sarà uguale per tutti. "Quanto tempo durerà ancora questo viaggio? Il viaggio di ognuno di noi, che facciamo tutti insieme, nella stessa direzione, verso quel disordine da cui proveniamo", scrive l'autore. Anche qui fa capolino la fisica, tramite il concetto di "entropia": detto molto alla buona, una volta cessata l'energia per mantenere l'attuale ordine si ritornerà al caos. Ed è proprio dal caos del Big Bang che tutto ha avuto origine. D'altronde, in un certo senso, la memoria del Big Bang si conserva tramite la radiazione cosmica di fondo. Proprio a tale importante scoperta astronomica pare riferirsi l'autore quando, sognando ad occhi aperti, immagina un "deserto buio e interminabile" in cui "non c'è traccia di parola umana", ma si sente "solo il sottile rumore cosmico, quello iniziale (...)".
Ecco dunque il tempo e la conoscenza che sembrano rappresentare un unico filo conduttore. Ma come acquisire conoscenza? La risposta più immediata è: frequentando l'università. A tal proposito l'autore descrive Giuliana, docente universitario che non comunica passione, ma solo nozioni fredde e distaccate. Tra le righe si legge una critica indirizzata ai docenti universitari italiani, che non sarebbero in grado di trasmettere entusiasmo. Ma il problema è insito nel linguaggio: "credo che a voler immaginare una lingua perfetta bisognerebbe pensarla fatta soltanto di nomi. Senza verbi, senza aggettivi, senza preposizioni. Nomi, nient'altro che nomi. Sarebbe tutto più facile. Sarebbe come ridurre tutto all'essenziale" scrive Gerardo Caputo. Mi fa venire in mente la matematica: la lingua perfetta è essenziale, come lo sono i simboli matematici, che rappresentano anche il linguaggio naturale della Fisica.
E che dire a tal proposito dell'intuizione? Come sui può trasmettere l'intuizione scientifica? Mi verrebbe da rispondere: tramite una perfetta e semplice equazione matematica. Ma non è facile. Gerardo scrive: "Trasportare un pensiero sul piano del linguaggio è già impresa non facile ed equivale ad un'alterazione; se il pensiero in questione, poi, è del tipo abissale, se è uno di quei pensieri che in una frazione di secondo sono capaci di aprire uno squarcio sul tutto, allora ogni tentativo di tradurlo in linguaggio sarà destinato non soltanto a fallire, ma a cadere miseramente nel ridicolo. Il linguaggio è una costruzione, è una struttura con le sue regole, con i suoi elementi, che si compongono a poco a poco. Quel tipo di pensiero, invece, è un'intuizione".
Concludo qui le mie riflessioni e continuo a leggere.
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