PLANCK PENSACI TU! DUBBI SULLA CALIBRAZIONE DI WMAP, MODELLO STANDARD A RISCHIO?
Uno studio effettuato da due ricercatori della Durham University (UK), sembra rimettere tutto in discussione, denunciando la mancanza di certe evidenze osservative e la cattiva calibrazione dei sensori di WMAP, il satellite che più di ogni altro ha contribuito a solidificare le basi del cosiddetto modello standard.
La prima parte del nome, “Lambda”, deriva dall'omonima lettera greca che nelle equazioni di campo in Relatività Generale identifica la costante cosmologica. Oggi grazie alle osservazioni effettuate da WMAP nel 2003 (e ulteriormente confermate proprio a gennaio di quest'anno da nuove e più precise misure, vedi fig. 1) sappiamo che la costante cosmologica, anche se in forma teoricamente più sofisticata di come era stata inizialmente pensata, permette di descrive l'universo osservato da WMAP solo assumendo la presenza del 72,1% di energia oscura. Questa particolare forma di energia (che ha un nome, ma è di fatto è ancora sconosciuta) avrebbe la particolarità di produrre una pressione negativa, generando una spinta antigravitazionale che avrebbe portato l'universo primordiale a espandersi a velocità superiore a quella della luce.
Il secondo termine, ”Cold Dark Matter” (CDM), indica la materia oscura fredda. Stimata essere il 23,3% della materia totale la sua natura, anche se molte sono le ipotesi, è tutt'ora sconosciuta. Chiamata materia oscura fredda perché percepibile solo indirettamente attraverso i suoi effetti gravitazionali sul restante 4,6% della materia barionica e sulla luce, generando un'azione attrattiva, coadiuvata dall'azione gravitazionale della materia ordinaria, ha lo stesso effetto di un freno che ha progressivamente ridotto l'accelerazione nell'espansione dell'universo ad un valore prossimo a zero.
Ma conoscere i nomi dei componenti non basta ... Come in tutte le buone ricette, se si vuole che il modello Lambda-CDM descriva esattamente l'universo osservato da WMAP, occorre che le dosi degli ingredienti siano fissate nei limiti di piccole insignificanti variazioni. E a questo si arrivò appunto nel 2003, quando i rivelatori di WMAP, calibrati con sorgenti astronomiche di microonde opportunamente scelte, raccolsero dati sufficienti per permettere un'analisi pressoché definitiva (per quanto definitiva possa essere una teoria scientifica)
L'età dell'universo è stata così calcolata in 13,73 +/- 0,12 miliardi di anni, con una costante di Hubble di 70,1 +/- 1,3, mentre la sua composizione prevede l'esistenza di un 4,6% di materia barionica ordinaria, di un 23% di materia oscura di natura sconosciuta (la quale non assorbe o emette luce), di un 72% di energia oscura (altrettanto sconosciuta la quale accelera l'espansione) e infine meno dell'1% di neutrini. Tutti questi dati sono coerenti con lo scenario cosmologico dell'inflazione e con un universo a geometria piatta (dove l'aggettivo piatto non ha nulla a che vedere con la forma dell'universo, ma è semplicemente descrittivo di uno spazio di tipo euclideo, dove ad esempio due rette parallele continueranno a rimanere tali fino all'infinito).
Il rapporto (chiamato Omega) tra densità osservata e densità critica (la densità di materia ed energia necessarie a impedire che l'universo collassi in un "Big Crunch" o che continui ad espandersi all'infinito)è infatti risultata essere nei limiti degli errori sperimentali, praticamente uguale ad 1-Un risultato sorprendente, questo, persino un po' "sospetto" per alcuni ...ma il modello inflazionario risolve anche questo dilemma. La rapida espansione verificatasi all'inizio,con un cambiamento di scala di decine di ordini di grandezza, forzò infatti lo spazio a diventare "piatto" e il valore di Omega a diventare prossimo ad 1 qualunque fosse stato il suo valore iniziale.
In pratica, nel lungo viaggio che la porta dalla radiazione cosmica di fondo ai rivelatori dei nostri strumenti, può capitare che la luce attraversi degli enormi ammassi di galassie. In questi casi, un fotone di luce dovrebbe subire un "blueshift" (scivolando nello spettro verso il blu e acquistando energia) quando entra nel superammasso, e un redshift (scivolando verso il rosso e cedendo energia) quando ne esce puntando verso l'osservatore.
Ed il punto: se l'universo non fosse in accelerazione, i due effetti (di pari intensità) dovrebbero elidersi a vicenda ... ma in un universo accelerato dall energia oscura, con gli ammassi che si allontanano sempre più velocemente, la cancellazione non potrebbe essere perfetta e noi dovremmo allora assistere all'uscita dall'ammasso di una luce più energeticamente virata verso il blu. Cio significa che - secondo i due autori inglesi - esaminando il fondo cosmico, dovremmo trovare temperature leggermente superiori in corrispondenza dei superammassi di galassie. Cosa finora mai osservata.
Pazienza, verrebbe da dire ... in questo caso potrebbe trattarsi di misure talmente sottili da poter essere discriminante soltanto da strumenti più evoluti. Oppure di altri impedimenti che nulla hanno a che vedere con la veridicità del modello standard ...
Mappa delle fluttuazioni di temperatura del fondo cosmico a microonde (CMB). La temperatura media 2,725 K. In codice colore dal rosso al blu scuro è indicata la temperatura delle sorgenti: rosso (caldo), blu (freddo).
Figura 2
Mappatura a microonde ottenuta dal satellite Planck. Al fondo cosmico CMB è sovrapposta l'immagine della nostra galassia vista dal nostro particolare punto di osservazione: il sistema solare. In alto a sinistra è indicata l'area del riquadro ingrandito in figura 3.
Nell'immagine sono riportati ingranditi i campi selezionati dalle immagini 1 e 2. I bordi bianchi mettono in evidenza alcune aree corrispondenti a basse temperature. Le similitudini tra le fluttuazioni delle due immagini porterebbero a concludere che la mappa della CMB che il satellite Planck otterrà una volta eliminato il contributo a microonde della Via Lattea, non potrà essere molto diverso da quello già ottenuto da WMAP.
Post a Comment