Lo scorso mese mia moglie ha comprato il libro di Walter Bonatti "In terre lontane", che aveva visto durante la trasmissione di Fabio Fazio "Che tempo che fa".
Durante la lettura del primo capitolo si è imbattuta in un episodio accaduto a Bonatti ed è venuta a chiedermene ragione.
“Tu che divulghi la scienza,…..”,
“Appunto, divulgo, non sono mica uno scienziato !” - ho subito detto.
Ma lei: “Mi lasci parlare? Vuoi spiegarmi come può verificarsi un evento del genere?”.
“Ma di che evento parli?”,
“Se ti rilassi un attimo te lo leggo”.
Bonatti stava discendendo da solo in canoa, circa 2500 km del fiume Yukon in Alaska quando… (da qui cito le sue parole) “la superficie del fiume si era trasformata a causa del vento in una serie di ondine saltellanti a causa dello scontro di due correnti: quella dell’acqua e quella dell’aria. […] le increspature avrebbero potuto degenerare in grandi onde pericolose. Mi trovo al margine del fiume Yukon quando pur remando a tutta forza mi trovo sempre nello stesso punto. Guadagno a stento la riva pietrosa e qui mi viene un’idea che per poco non pagherò cara. Appesantisco con grosse pietre la prua della canoa affinché, pesando maggiormente, resista meglio al vento. […] appena ho la necessità di correggerne la direzione, il suo peso la tiene bloccata in quel solo verso. […] cerco di raggiungere la secca più vicina, ma la barca ora obbedisce solo alla corrente che la trascina via. Finisco in un gorgo e non riesco più ad uscirne. La canoa gira e rigira nel vortice […] la giostra si ripete inesorabilmente senza fine. Con estrema fatica e pericolo riesco a buttare i massi nel fiume e la canoa scivola subito fuori dal gorgo come un uccello che prende il volo”.
Come mai è successo questo?
“Bè, la faccenda è piuttosto complicata…”, inizio io.
“A me interessano gli elementi più importanti, e non cominciare con formule, logaritmi o cose strane !!! Io voglio le idee !!!”.
Innanzitutto la canoa è un corpo e come tutti i corpi è soggetto alla forza peso, che dipende dalla massa e dall’accelerazione di gravità.
Gli occhi di mia moglie esprimono evidente disapprovazione, per cui cerco di semplificare. Diciamo che i corpi sono soggetti al peso.
Poi occorre considerare che la canoa è un corpo immerso nell’acqua, di conseguenza è soggetto anche alla spinta di Archimede, che opera dal basso verso l’alto, esattamente al contrario della forza peso che opera dall’alto verso il basso. E’ come dire che il peso fa affondare la canoa, mentre la spinta di Archimede si oppone al peso mantenendola a galla.
Non è il caso di entrare nei dettagli tecnici del raggiungimento dell’equilibrio fra le due forze: ci basta ipotizzare la presenza dell’equilibrio e quindi di un galleggiamento sostanzialmente stabile prima che lo scafo venisse riempito di pietre. Possiamo immaginare l’equilibrio in questo modo: guardiamo lo scafo frontalmente e dividiamolo in due parti uguali con una retta verticale: è proprio quella retta a rappresentare la direzione su cui agiscono la forza peso (verso il basso) e la spinta di Archimede (verso l’alto).
A questo punto possiamo facilmente immaginare cosa potrebbe succedere se riempissimo lo scafo di pietre, disponendole a caso: si sposterebbero i due baricentri, sia quello da cui parte la forza peso, sia quello da cui parte la spinta di Archimede. I baricentri non sarebbero più entrambi collocati sull’unica retta verticale, ma si disporrebbero su due verticali parallele: operando le forze con verso opposto, il risultato sarebbe la rotazione dello scafo. La canoa potrebbe quindi rovesciarsi o, come minimo, rimanere inclinata su un lato: ciò renderebbe comunque difficile riuscire a guidarla in una determinata direzione.
Mettiamo poi che ai guai si aggiungano altri guai (fatto peraltro previsto dalla legge di Murphy): senza controllo la canoa finisce in un gorgo. Cosa fare? Dire le ultime preghiere…. oppure eliminare le pietre! In questo modo si riacquista l’equilibrio, e di conseguenza il controllo: non resta che afferrare la pagaia dal fondo dello scafo e cominciare a remare per allontanarsi dal pericolo….
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