MISURARE L’INFINITO
La differenza fra un fisico e il classico uomo della strada sta soprattutto negli strumenti posseduti per descrivere il mondo. Immaginiamo la caduta di un corpo: per descrivere questo evento, l’uomo della strada dirà che il corpo, prima fermo, ha cominciato a cadere sempre più in fretta. L’idea del processo risulta, con questo linguaggio, piuttosto vaga e approssimata.
Il fisico dirà invece che il corpo parte da uno stato di riposo e cade con accelerazione costante di 9,8 m/sec al quadrato: in questo modo è possibile determinare la velocità del corpo e la sua posizione in ogni istante. Ne risulta quindi un quadro completo, preciso e conciso. Ma ciò richiede un linguaggio matematico che, con una scrittura simbolica breve (formula), consenta di descrivere una legge fisica, vale a dire una relazione fra grandezze fisiche che definiscono il fenomeno in esame.
Assistiamo da tempo ad una trasformazione della fisica, man mano che vengono effettuate nuove scoperte oppure si utilizzano nuovi strumenti di osservazione per analizzare gli stessi oggetti. Siamo quindi abituati a considerare che la scienza non è un dogma, in quanto una legge fisica vale perché è coerente con le osservazioni sperimentali, ma è possibile che una nuova legge sia ancora più coerente, ed essa sostituirà necessariamente quella precedente. In maniera analoga non ci sorprendiamo se uno strumento di osservazione più potente ci consente di cambiare la nostra visione su un determinato oggetto: ad esempio, “da lontano” avevamo sempre considerato gli asteroidi come semplici sassi, ma ora “guardando con telescopi più potenti” abbiamo scoperto che sugli asteroidi può essere presente ghiaccio e addirittura composti organici.
Eppure, quando si tratta di matematica, che è il naturale linguaggio della fisica, sembra che sia una scienza necessariamente immutabile, perché, si pensa, 2+2=4 oggi, così come era 2000 anni fa, così come sarà nei prossimi 2000 o 10000 anni. In realtà, per i Piraha, una tribù primitiva che vive in Amazzonia, 2+2=molti. E ciò non è sbagliato, è solo impreciso, in quanto per i Piraha tutte le quantità più grandi di 2 sono "molti". Essi non hanno "inventato" i numeri successivi al 2, né un sistema numerale per esprimerli. Così, per loro, 2+1=molti e molti+1=molti: tale imprecisione assomiglia molto al nostro tradizionale risultato infinito+1=infinito. Inoltre anche gli strumenti matematici vanno rinnovati, altrimenti le nostre conoscenze non possono progredire e si avrà necessariamente uno “scollamento” fra la fisica, che si evolve senza sosta e il suo linguaggio che resta fermo e cristallizzato.
Il Prof. Yaroslav Sergeyev (*) ha fatto proprio questo: adeguare il linguaggio dell’Analisi Matematica alla fisica di oggi. E per farlo, è partito dall’elaborazione di tre postulati e ha costruito un nuovo edificio matematico, che rappresenta un’evoluzione dell’Analisi tradizionale.
Secondo Sergeyev esistono oggetti infiniti e infinitesimi, ma gli esseri umani (ed anche le macchine) sono in grado di eseguire soltanto un numero finito di operazioni: questo è il suo primo postulato. A prima vista sembra un’affermazione ovvia: tutti ci rendiamo conto che la nostra vita è finita, nel senso che abbiamo una data di scadenza, così come qualunque oggetto ha la proprietà di non durare in eterno. Eppure, in generale, quando i matematici trattano oggetti o insiemi infiniti ipotizzano che gli esseri umani siano in grado di eseguire determinate operazioni un numero infinito di volte. Purtroppo non è così, e il Prof. Sergeyev, in “Numerical point of view on Calculus for functions assuming finite, infinite, and infinitesimal values over finite, infinite, and infinitesimal domains”, scrive che, a causa delle nostre limitate capacità, “accettiamo a priori che non siamo in grado di fornire una descrizione completa di insiemi e processi infiniti”.
Inoltre, come per le altre scienze, anche per la matematica lo strumento utilizzato assume un’importanza di rilievo, in quanto influenza i risultati delle osservazioni. Fra gli strumenti utilizzati dai matematici troviamo i sistemi numerali: diventa dunque opportuno rinnovarli al fine di ottenere risultati migliori, con la consapevolezza però che, a causa della nostra finitezza (si veda il postulato n. 1) non raggiungeremo mai l’ottimo. Di conseguenza, ecco il secondo postulato: non diremo che cosa sono gli oggetti matematici che trattiamo; ci limitiamo a costruire strumenti più potenti che migliorino le nostre capacità di osservare e descrivere le proprietà degli oggetti matematici. Con ciò si intende mettere in rilievo tre elementi molto importanti nell’evoluzione dell’Analisi Matematica elaborata da Sergeyev: il ricercatore; l’oggetto di indagine; lo strumento di osservazione utilizzato. Si tratta, evidentemente, dell’approccio tipico della Fisica.
Il terzo postulato, ovvero che la parte è inferiore all’intero, è ragionevole: il vostro braccio (che fa parte del vostro corpo) è inferiore al vostro corpo intero; un cioccolatino è inferiore ai cioccolatini riposti nella scatola da cui è stato estratto; un esame universitario superato è inferiore alla lista completa degli esami da superare…..
Sergeyev, nell’articolo sopra citato, specifica che il principio della parte inferiore all’intero non si applica solo ai numeri finiti, ma anche agli infiniti e agli infinitesimi. Inoltre si applica a tutti gli insiemi e processi, sia finiti che infiniti. Ciò implica che un cioccolatino estratto da un scatola di 100 è inferiore ai 100 cioccolatini della scatola, il che è ovvio. Meno ovvio è prendere una manciata di cioccolatini da una scatola che ne contiene un numero infinito e chiedersi se la manciata estratta sia inferiore rispetto a tutti quelli contenuti nella scatola. Secondo il buon senso (ed anche secondo il terzo postulato) la risposta è sì: quanti cioccolatini stanno in una mano e quanto è grande il numero di quelli contenuti nella scatola? Sia la manciata che il resto della scatola sono inferiori all'intero, dunque è evidente che la manciata sarà inferiore alla scatola intera. Eppure secondo l’Analisi tradizionale le cose non stanno così: infinito (cioé l'intero) meno 1 fa infinito, come anche infinito meno 100 o meno 1000 fa ancora infinito. Ciò implica che, dopo aver tolto una manciata di 1, 10, 100 o 1000 (o qualunque valore finito) cioccolatini dalla scatola contenente un numero infinito di cioccolatini, quello che rimane nella scatola non è inferiore all’intero. Ne consegue che, secondo l'Analisi tradizionale, la parte è uguale all'intero. Ciò deve necessariamente indurci a pensare che questo metodo (dell’Analisi tradizionale) sia troppo approssimativo, troppo poco preciso e parecchio lontano dal buon senso, perchè non riesce a registrare l'operazione di sottrazione di qualsiasi numero finito dall'intero, operazione che è facilmente osservabile.
Sulla base dei tre postulati sopra descritti, il Prof. Sergeyev ha elaborato un nuovo sistema numerale, che consente di eseguire calcoli non solo con quantità finite, ma anche con infiniti e infinitesimi. Naturalmente, per trattare infiniti e infinitesimi, occorre essere in grado di misurarli, ed infatti è stata introdotta una nuova unità di misura, che non è altro che il numero degli elementi dell’insieme dei numeri naturali. Fino ad oggi abbiamo sempre considerato l’insieme N dei numeri naturali, cioè degli interi, un insieme del tipo (0,1,2,3,4,5,…….,n,…..) e non sapevamo quanti elementi contenesse. Ora sappiamo che l’ultimo numero naturale, vale a dire il più grande di tutti, si chiama “grossone”, e quindi l’insieme N contiene un numero di elementi pari al grossone. Il grossone è un numero, e come tale viene trattato, nel senso che – ai fini del calcolo – non differisce dagli altri. Ciò significa soprattutto che non è necessario imparare operazioni di calcolo particolari, complesse e controintuitive, come quelle che caratterizzano gli infiniti dell’Analisi Matematica tradizionale (ad esempio il fatto che infinito meno 1000 faccia infinito e che infinito meno infinito faccia una quantità indeterminata ed altre simili proprietà).
Grazie al grossone, che rappresenta una nuova unità di misura, possiamo riprendere l’esempio della scatola di cioccolatini ed ottenere dei risultati coerenti con il comune buon senso. Infatti, se la scatola contiene un numero di cioccolatini pari a grossone, allora la quantità grossone meno 1 (cioè una manciata molto grande) è inferiore al grossone, vale a dire che una manciata è minore rispetto all’intero. Lo stesso vale per grossone meno 2 e grossone meno 3 e via dicendo. Addirittura possiamo affermare che mezza scatola conterrà un numero di cioccolatini pari a grossone fratto 2 e che , se consideriamo mezza scatola e aggiungiamo 1 cioccolatino, ne avremo in tutto (grossone fratto 2) + 1, così come, se dalla mezza ne togliamo uno, ne resteranno (grossone fratto 2) meno 1.
Abbiamo detto che il grossone è l’ultimo dei numeri naturali, quindi appartiene all’insieme dei numeri naturali. Ma dopo il grossone non c’è più nulla? Purtroppo il linguaggio matematico, come qualsiasi altro linguaggio, è necessariamente limitato: ciò significa che se decidiamo di definire un oggetto in un certo modo, stiamo limitando le nostre possibilità di esprimere le caratteristiche dell’oggetto. Così, a causa di tali limiti, ben espressi dai postulati n. 1 e 2, “per qualunque sistema numerale A fissato, ci saranno sempre degli insiemi che non possono essere descritti usando A” (si veda l’articolo sopra citato). Di conseguenza, se consideriamo quello che Sergeyev definisce come l’insieme dei numeri naturali estesi, in tale insieme dopo il grossone ci sarà grossone + 1 e poi grossone + 2 e poi ancora grossone + 3 e via di seguito. Il sistema numerale basato sul grossone non è in grado di esprimere la quantità di elementi dell’insieme esteso dei numeri naturali. Questo fatto è coerente con il postulato n. 1, perché, come prima abbiamo ricordato, qualunque nuovo sistema numerale si fissi, ci saranno comunque numeri non esprimibili in questo sistema numerale.
(*) Approfondimenti:
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