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LE PIASTRINE E LA FUNZIONALITA' DELLE CELLULE NERVOSE


Da molto tempo è noto a tutti che la più importante funzione delle piastrine è di arrestare la fuoriuscita del sangue dalle ferite: con il concorso di un insieme di enzimi, proteine e lipidi, e attraverso complessi meccanismi metabolici, contribuiscono a formare il coagulo che arresta l'emorragia. E’ anche noto che esistono delle strette correlazioni enzimatiche, metaboliche e similitudini fra le piastrine e le cellule nervose, a proposito del metabolismo di vari neurotrasmettitori quali serotonina, dopamina, GABA, ecc. Molto verosimilmente perché le piastrine possiedono caratteristiche molto simili s’ipotizzano come derivate dallo stesso foglio embrionale. Esse, infatti, hanno: simili recettori, sono condizionate da diversi agenti di stress, inclusi quelli psicologici e hanno un enzima, l’enolasi, con le sue sub unità, esattamente come il cervello e sono le uniche cellule a possedere queste caratteristiche di similitudine. Per tali motivi le piastrine da qualche tempo considerate dei marker biologici in psichiatria, vengono anche chiamate “neuroni circolanti” o “ambasciatrici del cervello” e potrebbero offrire un rilevante vantaggio nella comprensione della neurofisiologia di vari disordini psichiatrici. Inoltre, alcune modificazioni delle funzioni piastriniche sono state osservate nelle sindromi psichiatriche ed è affascinante il legame fra patologia depressiva, coronarica e funzione piastrinica.

In tale ambito, dopo un ampio esame della letteratura internazionale sull’argomento, dei ricercatori italiani partendo dalle suddette constatazioni, hanno ipotizzato che lo studio delle caratteristiche e delle variazioni compositive e metaboliche degli acidi grassi dei lipidi piastrinici avrebbe potuto fornire dei dati importanti su alcuni aspetti della funzionalità delle cellule nervose.

Tale ipotesi è stata formulata dal Prof. Massimo Cocchi dell’Università di Bologna e Professore di Biochimica della Nutrizione presso la L. U. de. S. University, di Lugano, Svizzera, Presidente della Sezione di Bologna della Società Italiana di Biologia Sperimentale “Oliviero Mario Olivo”, che nella sua lunga attività professionale, in Italia e all’estero, si è dedicato allo studio biochimico dei lipidi ed ha maturato un’approfondita conoscenza sui loro aspetti metabolici e dal Prof. Lucio Tonello, Professore di Scienze Bio- Matematiche presso la L. U. de. S. University, di Lugano, Svizzera.

2 commenti

paopasc ha detto...

Questo è un lavoro di eccezionale importanza, anche per la relazione possibile tra sclerodermia e depressione, unite nel dismetabolismo dei tre acidi grassi.
Sarebbe interessante osservare, per esempio, se nel caso dell'acido arachidonico, vi sia una differenza significativa rispetto alla norma, in quelle popolazioni che fanno uso di fans,notoriamente impiegati (a eccezione del comparto cardiovascolare) per tutt'altro scopo. Complimenti ai due ricercatori italiani. Se le loro scoperte verranno confermate da successivi studi si avrà a disposizione un metodo di indagine quantitativo nonchè un diverso approccio terapeutico.

Giuseppe Caramia ha detto...

La ringrazio per il commento e posso constatare che indubbiamente è una persona addentro alla materia e molto competente.

Vorrei far presente che numerosi sono i riscontri logici e plausibili e le conferme ricevute dai ricercatori alle loro ricerche anche dalla letteratura scientifica internazionale, letteratura che ovviamente è disponibile presso gli autori.

Attualmente l’attenzione del Prof Cocchi si sta concentrando, con la collaborazione di molti altri studiosi esperti di cellule staminali, sul reperimento, nel neurone che si può ricavare dalla staminale cutanea, dell’eventuale errore che potrebbe modulare la risposta depressiva.

Tutto ciò grazie ad alcune verifiche condotte sulla sclerodermia dato che, secondo il Prof. Cocchi, nella pelle degli sclerodermici ci dovrebbe essere per forza scritto l’errore della depressione.

Per condurre questi studi, sono però indispensabili circa 300.000 euro cifra alquanto difficile da reperire anche perché gli autori della ricerca non sono né psichiatri né cardiologi discipline che hanno maggiori possibilità di reperire una tale cifra.

Vi sono però fondati motivi per ritenere che il sostegno a tale ricerca non dovrebbe assolutamente mancare perché potrebbe portare a risultati tali da cambiare il destino di una fra le patologie più devastanti a livello mondiale.

Chi però volesse maggiori chiarimenti dall’autore della ricerca può contattarlo presso l’Università di Bologna (massimo.cocchi@unibo.it).

Vivissime cordialità
Prof. G. Caramia


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Prof. Dr. G. Caramia MD
Primario Emerito di Pediatria e Neonatologia
Azienda Ospedaliera Specializzata Materno-Infantile "G.Salesi"
Ancona - ITALY

caramiagm@libero.it

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