NON PROBABILITA’ DI VITA EXTRATERRESTRE, MA SEMPLICI FREQUENZE BASATE SU STIME INCERTE
È successo anche il 17/10/2009 a Torino, al termine della conferenza divulgativa “Le risposte della scienza alle domande dell’astronomia”, durante la quale ho presentato la relazione: “Si fa presto a dire probabilità (di vita extraterrestre e di impatto asteroidale)”.
La domanda classica mi viene più o meno formulata in questo modo: “Mi scusi, ma a parte il fatto che l’Universo è gigantesco, e non è ammissibile che una tale quantità di materia sia stata creata (o si sia creata) soltanto per noi, c’è poi l’evidenza dell’equazione di Drake, secondo la quale la probabilità di vita extraterrestre non è nulla”.
Di fatto, costoro credono all’esistenza di vita extraterrestre: se la scienza non l’ha ancora trovata, è perché non ha cercato nei posti giusti oppure ancora non è dotata degli strumenti tecnologici necessari. Il grosso problema di fondo rimane lo stesso da millenni: la differenza fra scienza e fede. Chi ha fede crede senza bisogno di prove e continua comunque a credere; invece lo scienziato fa affidamento sulle teorie attuali, che sono assolutamente falsificabili in qualunque momento. Se domani qualcuno elabora una teoria che è più aderente ai dati osservativi rispetto a quella attuale, la vecchia teoria viene immediatamente gettata nel cestino. La scienza è quindi sempre provvisoria e sempre in evoluzione, ma ha la fondamentale caratteristica di basarsi sull’osservazione.
Nella foto: Frank Drake (Foto: Seti)
Ma in cosa consiste essenzialmente l’equazione di Drake? Essa innanzitutto considera esclusivamente la nostra galassia, cioè la Via Lattea.
Quante stelle esistono nella Via Lattea? Questo è il dato di partenza.
Poi si tiene conto del fatto che non tutte le stelle sono dotate di pianeti, quindi si stima la frazione di stelle che hanno sistemi planetari. Tale frazione, moltiplicata per il numero di stelle iniziali, necessariamente fornisce un risultato più piccolo del numero iniziale. Successivamente si considera che non tutti i pianeti sono adatti alla vita: si va quindi a moltiplicare la stima della frazione di pianeti adatti alla vita per il risultato ottenuto in precedenza (ottenendo così un risultato ancora più piccolo. Tale risultato, moltiplicato per una serie di frazioni minori di uno, è destinato a diventare sempre più piccolo).
Naturalmente non è detto che la vita si sia sviluppata in tutti i pianeti che erano caratterizzati dalle condizioni più idonee, dunque – sempre moltiplicando per l’ultimo risultato ottenuto – si considera la frazione di pianeti adatti su cui ha avuto effettivamente origine la vita. Su questi ultimi pianeti non è certo che la vita si sia sviluppata a sufficienza: potrebbe essere rimasta a livello di batteri. Dunque occorre stimare la frazione di pianeti, adatti alla vita, sui cui ha avuto origine la vita, e sui quali si è sviluppata la vita “intelligente”. Ma ancora non basta, bisogna anche valutare la frazione di tali pianeti su cui sia emersa una civiltà tecnologica disposta a comunicare e poi stimare quale possa essere la durata di tali civiltà.
Il risultato dell’equazione è un numero: si tratta del numero di civiltà tecnologiche esistenti nella Via Lattea in un determinato momento. Tale numero risulta dalla moltiplicazione del numero di stelle della nostra Galassia per tutte le frazioni sopra richiamate.
L’equazione di Drake è stata equivocata da molte persone, che – appunto – ritengono che il risultato di tale algoritmo sia la probabilità di vita extraterrestre. Occorre dunque fare chiarezza, anche perché certi termini usati nel linguaggio comune appaiono simili, ma se andiamo ad esaminare da vicino la matematica e la statistica che ci sta dietro, scopriamo che si tratta di una cosa ben diversa da quella che pensavamo.
Innanzitutto, l’equazione di Drake non contiene probabilità, quindi il risultato non può essere una probabilità, ed abbiamo infatti detto che si tratta di un semplice numero. L’equazione contiene invece, oltre alla stima del numero di stelle della nostra Galassia, molte frequenze, ma le frequenze non hanno nulla a che vedere con le probabilità. Data una certa variabile, ad es. esito del lancio di una moneta, e considerate le due modalità che possono essere assunte dalla variabile (testa e croce), per frequenza si intende quante teste sono uscite su un determinato numero di lanci (o meglio prove, in linguaggio tecnico). Dunque frequenza è quante volte si è ripetuta una determinata modalità. Se abbiamo effettuato 10 lanci ed ottenuto 2 teste, la frequenza assoluta è 2, la frequenza relativa è 0,2 (= 2/10), la frequenza percentuale è 20% [= (2/10) x 100].
Secondo l’approccio frequentista alla probabilità, la frequenza diventa una buona approssimazione della probabilità solo quando il numero di prove (nel nostro caso di lanci) tende a più infinito. Solo in pochi casi è possibile ripetere un esperimento, nelle stesse condizioni, per un numero straordinariamente grande di volte (che, a sua volta, risulti un’accettabile approssimazione di più infinito). Si può fare con la moneta, non certo con i pianeti. Di conseguenza quelle contenute nell’equazione di Drake restano solo delle frequenze. È vero che ci sono molte frequenze (che prima abbiamo introdotto con il termine di “frazioni”), ma è anche vero che un prodotto di frequenze resta una frequenza. E una frequenza moltiplicata per un numero fa un numero, non certo una probabilità.
Non fatevi ingannare dal fatto che le frequenze relative, per il modo in cui sono costruite (cioè come rapporto fra frequenze assolute e numero totale delle prove), risultano comprese fra zero e 1, esattamente come la probabilità, che è un numero che varia tra zero (= evento nullo) e 1 (= evento certo): quelle comprese nell’equazione di Drake sono soltanto frequenze relative.
C’è un altro problema importante che affligge l’equazione di Drake: le frequenze relative sono costituite dal rapporto fra un numeratore e un denominatore, entrambi assolutamente incerti.
Facciamo un esempio. Se in un anno avete ricevuto 10 multe, potete ben affermare che la frequenza assoluta è 10, ma cosa potete dire sulla frequenza relativa? Quante multe potevate prendere in 365 giorni? La verità è che non avete idea di quante possano essere ed infatti siete nel giusto: non è possibile calcolare esattamente il numero massimo di multe che voi potete ricevere in un anno. Dovete accontentarvi di una semplice e incerta stima: ad esempio una multa al giorno, quindi 365 multe in un anno. Di conseguenza la frequenza relativa risulterà pari a 0,0274 = 10/365. Il risultato è stato arrotondato).
Le frequenze relative presenti nell’equazione di Drake sono ancora più incerte rispetto a quella relativa alle multe: infatti non si conosce con certezza né il numeratore (ad es. numero di pianeti adatti alla vita), né il denominatore (numero totale di pianeti). Mentre voi almeno conoscete con certezza quante multe avete ricevute in un anno, un astronomo che voglia calcolare la frequenza relativa dei pianeti adatti alla vita rispetto al numero totale dei pianeti, non conosce né quanti siano quelli adatti, né quanti siano in totale. Deve stimare entrambi i dati.
Che ce ne facciamo allora di una stima? Se vostro figlio domani deve andare a sostenere un esame universitario, voi potreste chiedergli al mattino: “Che voto pensi di prendere?”. Se lui vi risponde così: “Beh, un voto compreso fra zero e 30”, cosa ve ne fate di tale informazione? Vi ha detto che può pendere qualunque possibile voto, dunque potrebbe prendere meno di 18 e quindi non superare l’esame, oppure più di 18 e quindi superarlo, o addirittura potrebbe avere 30, quindi un risultato eccellente !!! In buona sostanza non vi ha detto nulla: infatti una stima caratterizzata da un ampio intervallo non vale niente, nel senso che non aggiunge alcuna informazione alla nostra conoscenza.
Purtroppo le stime dei numeratori e dei denominatori delle frequenze relative contenute nell’equazione di Drake non sono caratterizzate da intervalli ristretti. Ciò implica che il risultato, cioè il numero delle civiltà tecnologiche esistenti nella nostra Galassia in un determinato momento, può essere un numero molto piccolo (anche zero) oppure molto, molto grande.
Spero di aver risolto, con questo articolo, i dubbi di molti, ma se qualcosa non vi è chiaro, non esitate a chiedere. Sarò lieto – nei limiti delle mie possibilità – di fornirvi ulteriori risposte.
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