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INSEGNARE MATEMATICA: UNA MISSIONE IMPOSSIBILE?

La suoneria del mio cellulare è il tema del film “missione impossibile”. Tanto è vero che quando squilla si tratta spesso di una scuola di recupero anni scolastici o di sostegno agli studenti universitari. E frequentemente il problema è “la matematica”.

Con ciò intendo dire che le principali difficoltà degli studenti non sono rappresentate dalla matematica dei ragionieri, dei periti, dei geometri o dei licei oppure dall’Analisi, che riguarda gli iscritti ad Economia o al Politecnico, ma piuttosto dalla matematica in sé e per sé. E così molti – semplicemente – affermano che – per la matematica – “non sono portati” e, dunque, non la capiranno mai. Queste persone ritengono che la matematica non serva a nulla al di fuori della scuola, che si tratti in sostanza di una materia antipatica, piena zeppa di simboli incomprensibili e priva di una pur minima applicazione pratica.

Secondo costoro – nel momento in cui si scontrano con il problema di ottenere un diploma oppure una laurea – la matematica non è altro che “un male necessario”: una sorta di medicina che bisogna buttar giù turandosi il naso. E allora l’unico modo per raggiungere la “quasi sufficienza” è imparare a memoria le formule e saper risolvere gli esercizi.

“La matematica come problema” può invece essere facilmente superato. Basta pensare che gran parte delle difficoltà degli studenti sono da attribuire a cattivi insegnanti.
Il mio obiettivo – in questo articolo – è fornire brevi indicazioni (tratte dalla mia esperienza):
- ai docenti: su come insegnare la matematica;
- agli studenti: su come studiarla.

Innanzitutto il docente non deve dare mai nulla per scontato: non possiamo essere convinti che, ad esempio, gli studenti debbano conoscere il concetto di logaritmo. A loro interessa la musica, la tecnologia, il sesso, non certo i logaritmi. Tuttavia quando – evidentemente spazientiti – ci chiederanno perché mai qualcuno li abbia inventati e soprattutto chi sia questo qualcuno, allora dobbiamo sfoderare le nostre conoscenze di storia della scienza. Se sapremo narrare brevemente, ma in modo divertente, la storia di John Napier, del regolo calcolatore e di come questo strumento venne usato dagli astronauti delle prime missioni Apollo, allora avremo senz’altro catturato l’attenzione degli studenti.

Con la storia narrata aggiungiamo alla matematica un ricco condimento, fatto di umanità (dei matematici), di scoperta (per l’aneddoto), di trasformazione in strumento utile (il regolo calcolatore) e – soprattutto – di applicazione della matematica al nostro mondo.

In secondo luogo, il docente deve sempre agganciare le proprie spiegazioni al mondo degli studenti che ha di fronte. Quindi, se deve introdurre il concetto di equazione, è meglio non partire da E=mc² di Einstein e nemmeno enumerando le forme letterali di tutte le tipologie di equazioni esistenti, sconfinando così nel più arido nozionismo.
Sarebbe decisamente un’idea migliore iniziare con un’equazione, che descriva la legge che lega il prezzo del concerto di Vasco Rossi alla domanda di concerti rock. E poi eventualmente allargare il discorso a quali altri elementi possano influenzare il prezzo e come possano essere inseriti nell’equazione di partenza.

In terzo luogo, il docente deve sempre evitare il “muro contro muro” con gli studenti. Non conviene mai irrigidirsi sulle proprie posizioni, è opportuno invece venire incontro alle esigenze degli studenti (che andrebbero considerati come dei clienti) in modo da poter aprire un dialogo. Va bene la disciplina, ma gli studenti vanno rispettati, e sempre premiati quando intervengono nelle spiegazioni matematiche o anche se semplicemente dimostrano interesse.

Consentite sempre ai vostri studenti di interrompervi se non capiscono, e non guardateli mai “dall’alto verso il basso”. Insegnare è una fortuna, ma imparare lo è ancora di più. Se riuscirete a tenere vivo il legame con i vostri studenti, non incorrerete nella noia tipica della “ripetizione”, perché ogni loro intervento rende sempre tutto nuovo e diverso.

È questo il modo per far sì che la passione per la matematica non si spenga nel docente, e nasca invece nello studente, rigogliosa e colma di frutti per il futuro.E voi, studenti, esigete sempre dei docenti che rispettino queste indicazioni: vedrete che studiare matematica sarà completamente diverso. Sarà per voi una sorpresa, quando scoprirete…. il piacere della matematica.


3 commenti

giovanna ha detto...

Bell'articolo!
Missione impossibile? Ma...è così bello insegnare matematica! :-)
Aggiungo solo: insegnarla *facendo con* i ragazzi, renderli attivi protagonisti della lezione, coinvolgere tutti, chiedere ad ognuno di proporre la propria ipotesi, stimolando la scoperta, l'intuizione, motivando anche quando non si intravede l'immediata utilità pratica di ciò che si scopre o di cui si tratta ...
Concordo molto poi sul fatto che la storia della matematica catturi attenzioni, incuriosisca...
grazie!
g

roberto ha detto...

In ogni considerazione sull'apprendimento, per completezza, va menzionato il nuovo atteggiamento sociale del rifiuto di qualunque forma di validazione, controllo, valutazione, qualificazione o comunque la si voglia chiamare. Ogni individuo vuole essere autoreferente.
Una disciplina scolastica viene accettata e apprezzata solo se i risultati vengono "da sè" . Le discipline scientifiche non si prestano ad essere superate con sforzo modesto o "in scioltezza", tanto per usare un eufemismo. Le discipline scientifiche mettono lo studente di fronte alle sue capacità e attitudini, diventando dei giudici inflessibili che non non possono essere ingannate con frasi del tipo "era quello che volevo dire anche io" oppure "prof., ma è quello che le ho detto!".
Ogni ostacolo è perciò visto come un fastidio, un elemento perturbativo. E così vengono fuori i luoghi comuni:"E' difficile", "Anche papà non ci capiva niente!", "Il prof. è una carogna!" e così via.

Walter Caputo ha detto...

Grazie Giovanna,
hai proprio ragione. A me piace un sacco la matematica. Credo che tutti coloro che amano la matematica possano insegnarla bene perché ci mettono grandi quantità di entusiasmo. La sfida è, come dici tu, riuscire a suscitare interesse e curiosità.

Grazie Roberto,
è vero: i ragazzi di oggi hanno ricevuto dai propri genitori un'educazione decisamente diversa da coloro che appartengono alla mia generazione. E un docente non può sostituirsi ai genitori. Così, talvolta, grandi sforzi dell'insegnante vengono frustrati da un menefreghismo senza speranza. In questi casi, francamente, diventa difficile continuare ad insegnare. Newton riusciva ad insegnare all'aula vuota, ma in realtà sulla lavagna tracciava i fondamenti delle sue nuove teorie sull'ottica e sul calcolo differenziale. Più che l'insegnante, faceva il ricercatore.

Walter