"L'ALTRA FACCIA DEL GIORNO": UN BREVE FANTARACCONTO DI SCIENZA
Alle sei e trenta di ogni mattina suonava la sveglia. Paolo si alzava, metteva sul fuoco il bollitore dell'acqua e preparava il tè nella teiera. Tutte le mattine ci volevano quarantacinque minuti esatti e preciso come un orologio svizzero alle sette e quindici Paolo era pronto per uscire, lavato, calzato e vestito.
Quella notte era passata tranquilla, l'aria, quella di un autunno ormai inoltrato, sapeva d'inverno e il freddo cominciava ad essere pungente. Neanche a dirlo tutte le mattine Paolo faceva la stessa strada: due chilometri passando attraverso il parco. Bhe! Proprio un parco non era, sui lati della strada, un viottolo pedonabile asfaltato, il grigiore dei caseggiati degli uffici e dei laboratori del centro di ricerca non si distaccava quasi per nulla dal grigiore di quell'alba. Facevano eccezione gli alberi che insieme ai prati all'inglese erano illuminati dai fari ancora accesi intorno agli edifici.
La strada era lunga, ma la quotidianità del percorso e i pensieri che solitamente lo accompagnavano gli facevano passare il tempo in un baleno. Da qualche tempo Paolo si stava arrovellando sulla teoria del "branching universe". Pur non avendoci mai lavorato perché non faceva parte del suo settore di ricerca, la cosa lo incuriosiva. In un certo senso questa apparente assurdità poteva essere la realtà macroscopica quantistica del nostro universo. Qua e la su riviste specializzate aveva letto alcuni lavori, ma la cosa di per se gli sembrava talmente assurda che non l'aveva mai approfondita. Dove stava l'assurdità? Non certo nelle basi quantistiche della teoria, più che verificate a livello microscopico, ma nelle ripercussioni che la teoria poteva avere sul mondo cosiddetto macroscopico. Ben noto è che una interazione ad alta energia tra due particelle non ha sempre lo stesso esito. Due protoni per esempio, se urtano ad alta energia l'uno contro l'altro possono produrre a parità di condizioni differenti cascate di particelle, quindi a parità di interazione non sempre il canale di reazione è lo stesso. La casualità ci mette del suo. "Un po' è come dire ...", pensava Paolo, "... che due persone si incontrano e a parità di amore, affetto, amicizia che possono provare l'uno per l'altra, le loro vite evolvono in miliardi di miliardi di modi differenti: uno per ogni combinazione di stati possibili delle particelle che le formano. Si però molti di questi mondi differiscono per inezie tali da essere in pratica lo stesso mondo, o meglio, da formare il mondo che conosciamo non come un'unica realtà, ma come una sovrapposizione di stati possibili di realtà equivalenti. E gli altri mondi? Cioè quei mondi che non sono equivalenti? Non dovrebbe essere complicato ..." - pensava Paolo - "... ogni classe di mondi equivalenti che conduce ad una realtà storica anche di poco diversa dalla nostra, genererà un ramo diverso di universo: una sorta di realtà alternativa, un universo parallelo, in cui il filo del tempo ha deviato dal normale corso, seguendo una possibile strada alternativa non necessariamente migliore di quella che siamo coscenti di vivere. Questi sono mondi dove la storia non è esattamente uguale a quella che conosciamo, tuttavia se la teoria fosse valida, questi sarebbero mondi reali e contemporanei al nostro". Paolo camminava a passi lunghi. "Il problema è l'uomo, cosa ha a che fare tutto ciò con l'uomo?"- pensava Paolo - "L'uomo non è fatto solo di atomi e molecole, ha una coscienza e una memoria che dipendono da fenomeni biochimici prodotti dalle reti neurali cerebrali. In entrambi i casi memoria e coscienza generano segnali elettrici e onde cerebrali. Se la materia di questi mondi si compenetrasse senza interferire come viene ipotizzato, perché invece la nostra coscienza e la nostra memoria non dovrebbero interferire con quella dei noi stessi che vivono negli altri universi?"
Il laboratorio era vicino. La luce era quella del pieno giorno e tutte le cose cominciavano ad acquistare un colore più gradevole. Paolo provò una sensazione sgradevole, come di essere stato truffato. Pensò a quante volte si era scoperto a pensare a cose che mai avrebbe creduto di poter pensare e quante volte aveva avuto ricordi che non ricordava prima di avere. Una volta poi era successa una cosa davvero strana. Doveva partire per Francoforte alle otto del mattino, perciò quella sera era andato a dormire presto. Alle undici era già a letto. Aveva messo la sveglia per le quattro per avere il tempo di prepararsi con comodo e raggiungere l'aeroporto. Si ricordava bene la sensazione di sonno profondo e rilassato di quella notte piena di sogni e il drin acuto della sveglia subito soffocoto con la mano lasciata cadere sul pulsante. Quella mattina si era alzato sentendosi proprio riposato. La sveglia segnava le quattro e tre minuti. Aveva fatto le cose di sempre e quarantacinque minuti dopo era pronto. Prima di uscire, per evitare di dimenticare qualcosa, tornando in camera da letto aveva dato un'occhiata al comodino. La sveglia segnava mezzanotte. Provò una sensazione di panico. Guardò l'orologio da polso, guardò l'ora sul cellulare, tutte corrispondevano. Stordito e confuso si era sdraiato vestito sul letto. Era proprio mezzanotte. La mattina seguente si alzò con la sensazione che quel giorno qualcosa fosse cambiato.
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