OLTRE LA FRONTIERA QUANTISTICA: UNA STORIA APPASSIONANTE
Massimo Auci
OdisseoSpace
OdisseoSpace
(parte settima)
7. - “Bridge Theory”: l'inizio. Un ponte tra determinismo e indeterminismo
Non potendo occuparci di tutto quanto stava contemporaneamente affiorando, iniziammo nei primi mesi del 1991 a lavorare su due filoni particolarmente stimolanti e tutto sommato indipendenti: il dualismo onda corpuscolo e lo spin.
All’epoca, la corrispondenza formale e quantitativa tra energie e impulsi di una sorgente dipolare e di un fotone di pari lunghezza d’onda, lasciava sperare di poter dare una spiegazione a molti aspetti della fenomenologia e del formalismo quantistico. Due particelle cariche in moto relativo posseggono un’energia cinetica e una quantità di moto determinate meccanicamente a partire dalla conoscenza delle loro masse e delle loro velocità rispetto ad un osservatore. Più grande è la componente della quantità di moto lungo l’asse d’interazione che congiunge la particella incidente con la particella bersaglio, minore è la distanza λ che le cariche raggiungono prima di allontanarsi nuovamente e maggiore sono l’impulso e l’energia localizzati nell’intorno della sorgente. Il dipolo aveva perciò la proprietà di “memorizzare” sintetizzando nel valore della distanza minima d’interazione, quindi nella lunghezza d’onda della sorgente, tutte le condizioni dinamiche che descrivono la collisione e che determinavano univocamente l’energia e l’impulso del “fotone” a prescindere dal valore delle masse delle particelle in collisione.
La produzione del fotone durante l'interazione e la formazione della sorgente, era una similitudine troppo forte con l’analoga fenomenologia elettrodinamica quantistica nella quale un fotone è scambiato tra due particelle in interazione elettromagnetica. La cosa mi incuriosiva non poco: questa proprietà della sorgente consentiva di trattare la collisione tra due particelle indipendentemente dalla massa, anzi la massa sembrava essere una caratteristica della materia non essenziale a descriverne la dinamica.
All’epoca, la corrispondenza formale e quantitativa tra energie e impulsi di una sorgente dipolare e di un fotone di pari lunghezza d’onda, lasciava sperare di poter dare una spiegazione a molti aspetti della fenomenologia e del formalismo quantistico. Due particelle cariche in moto relativo posseggono un’energia cinetica e una quantità di moto determinate meccanicamente a partire dalla conoscenza delle loro masse e delle loro velocità rispetto ad un osservatore. Più grande è la componente della quantità di moto lungo l’asse d’interazione che congiunge la particella incidente con la particella bersaglio, minore è la distanza λ che le cariche raggiungono prima di allontanarsi nuovamente e maggiore sono l’impulso e l’energia localizzati nell’intorno della sorgente. Il dipolo aveva perciò la proprietà di “memorizzare” sintetizzando nel valore della distanza minima d’interazione, quindi nella lunghezza d’onda della sorgente, tutte le condizioni dinamiche che descrivono la collisione e che determinavano univocamente l’energia e l’impulso del “fotone” a prescindere dal valore delle masse delle particelle in collisione.
La produzione del fotone durante l'interazione e la formazione della sorgente, era una similitudine troppo forte con l’analoga fenomenologia elettrodinamica quantistica nella quale un fotone è scambiato tra due particelle in interazione elettromagnetica. La cosa mi incuriosiva non poco: questa proprietà della sorgente consentiva di trattare la collisione tra due particelle indipendentemente dalla massa, anzi la massa sembrava essere una caratteristica della materia non essenziale a descriverne la dinamica.
La massa di un corpo, anche se microscopico come una particella subatomica, è misurabile solo mediante una forza che agendo metta in evidenza le caratteristiche inerziali della materia [1], perciò si può parlare di massa solo se siamo in grado di interagire con essa. Per misurare la massa delle particelle che formano un dipolo, occorre allora che queste siano soggette ad una forza reciproca, cosa che durante la formazione di una sorgente elettromagnetica o durante il processo di cattura di un elettrone da parte di un nucleo atomico accade sempre. Nonostante ciò, la massa delle particelle non compariva come variabile propria del modello, quindi la massa non poteva essere una variabile essenziale per la valutazione dell’energia e della quantità di moto messa in gioco durante la collisione.
A causa del moto relativo delle cariche, la sorgente in formazione localizzava energia e quantità di moto di natura elettromagnetica in accordo con quelle di un fotone di lunghezza d’onda λ. Se in condizioni limite il moto tra le due particelle fosse avvenuto con velocità tendente a zero, cioè il moto tra le cariche non fosse stato strumentalmente percepibile dall'osservatore, l’interazione sarebbe stata elettrostatica. In questo caso la durata del tempo di collisione sarebbe stata infinita e l’energia e la quantità di moto localizzate dalla sorgente nulle. In ogni altra situazione invece, la coppia di cariche in moto possiederebbe un’inerzia definibile a partire proprio dall’energia e dalla quantità di moto caratteristiche della sorgente. Se ammettessimo per ipotesi che le particelle abbiano entrambe uguale massa, durante la collisione ognuna delle particelle (dipendentemente dal punto di osservazione) avrebbe il ruolo simmetrico di osservatore (particella bersaglio) e di particella incidente (particella proiettile) ma l’unica ad avere energia cinetica e quantità di moto in grado di alimentare la sorgente in formazione sarebbe la particella incidente (entrambe, per la simmetria del punto di osservazione). A questo punto per i principi di conservazione, l’energia e la quantità di moto della sola particella incidente dovrebbero trasformarsi in quantità elettromagnetiche, allora è d’obbligo la domanda: è solo la particella incidente a perdere la sua identità inerziale (corpuscolare) iniziale acquisendo le caratteristiche di un onda in accordo con il principio di de Broglie?
A causa del moto relativo delle cariche, la sorgente in formazione localizzava energia e quantità di moto di natura elettromagnetica in accordo con quelle di un fotone di lunghezza d’onda λ. Se in condizioni limite il moto tra le due particelle fosse avvenuto con velocità tendente a zero, cioè il moto tra le cariche non fosse stato strumentalmente percepibile dall'osservatore, l’interazione sarebbe stata elettrostatica. In questo caso la durata del tempo di collisione sarebbe stata infinita e l’energia e la quantità di moto localizzate dalla sorgente nulle. In ogni altra situazione invece, la coppia di cariche in moto possiederebbe un’inerzia definibile a partire proprio dall’energia e dalla quantità di moto caratteristiche della sorgente. Se ammettessimo per ipotesi che le particelle abbiano entrambe uguale massa, durante la collisione ognuna delle particelle (dipendentemente dal punto di osservazione) avrebbe il ruolo simmetrico di osservatore (particella bersaglio) e di particella incidente (particella proiettile) ma l’unica ad avere energia cinetica e quantità di moto in grado di alimentare la sorgente in formazione sarebbe la particella incidente (entrambe, per la simmetria del punto di osservazione). A questo punto per i principi di conservazione, l’energia e la quantità di moto della sola particella incidente dovrebbero trasformarsi in quantità elettromagnetiche, allora è d’obbligo la domanda: è solo la particella incidente a perdere la sua identità inerziale (corpuscolare) iniziale acquisendo le caratteristiche di un onda in accordo con il principio di de Broglie?
Quando nel 1995 iniziando a mettere nero su bianco per tentare di formulare una vera e propria teoria provai ad applicare i principi di conservazione al sistema di particelle più sorgente ebbi una sorpresa. Avevo intuito che la simmetria tra osservatore e bersaglio giocava un ruolo dominante. Il problema non si limitava però alla sola reciprocità. Proprio tentando di risolvere la questione mi resi conto che esisteva un punto di osservazione privilegiato: quello del centro di massa. Rispetto a questo particolare punto dello spazio, la sorgente poteva acquisire tutta l’energia e la quantità di moto delle particelle in collisione, ma rispetto ad un qualunque altro sistema di osservazione inerziale (in moto con velocità costante rispetto all'osservatore), parte dell’energia e della quantità di moto non avrebbero mai potuto diventare energia e quantità di moto della sorgente, perché associati al moto relativo del centro di massa rispetto all’osservatore.
Per risolvere la questione occorreva assumere che l'energia e la quantità di moto della sorgente fossero le stesse per tutti gli osservatori: diventava valido un nuovo principio di invarianza che mi portò rapidamente a conclusioni equivalenti a quelle raggiunte nel 1905 da Albert Einstein con la teoria della relatività speciale. L’energia totale di un sistema dipende dalla velocità relativa del sistema rispetto all’osservatore.
L’emozione fu grande quando assumendo una massa arbitraria iniziale per le particelle in collisione, ritrovai per via autonoma l’ormai famosissima equazione dell'energia che dava un limite all'energia disponibile per la formazione della sorgente.
Per risolvere la questione occorreva assumere che l'energia e la quantità di moto della sorgente fossero le stesse per tutti gli osservatori: diventava valido un nuovo principio di invarianza che mi portò rapidamente a conclusioni equivalenti a quelle raggiunte nel 1905 da Albert Einstein con la teoria della relatività speciale. L’energia totale di un sistema dipende dalla velocità relativa del sistema rispetto all’osservatore.
L’emozione fu grande quando assumendo una massa arbitraria iniziale per le particelle in collisione, ritrovai per via autonoma l’ormai famosissima equazione dell'energia che dava un limite all'energia disponibile per la formazione della sorgente.
L’interazione convertiva parte dell’energia totale delle particelle in energia elettromagnetica localizzata, prima sotto forma di “fotone” e poi propagata gradualmente come onda elettromagnetica, con una lunghezza in accordo con le previsioni di Louis de Broglie. Un tale risultato, ottenuto come conseguenza dell’applicazione del modello di sorgente, di fatto creava un ponte fenomenologico e concettuale tra fenomeni meccanico - relativistici e fenomeni quantistici: stava nascendo la “Bridge Theory”.
Il dualismo onda corpuscolo materiale cominciava ad avere una vera ragion d’essere, ma soprattutto veniva sancito in termini elettromagnetici il principio del legame inscindibile tra materia e anti-materia: nessuna particella carica può avere comportamenti ondulatori se non forma almeno una sorgente con particelle di segno opposto e, dato che una coppia è per definizione formata da una carica e dalla sua anticarica, dal momento in cui una coppia è creata, se lo spin fosse quello giusto, ciascuna particella manterrebbe tramite la propria sorgente un legame indissolvibile con la propria compagna. Un legame tra "materia" e "antimateria" indipendente dalla distanza e dall'energia.
Il dualismo onda corpuscolo materiale cominciava ad avere una vera ragion d’essere, ma soprattutto veniva sancito in termini elettromagnetici il principio del legame inscindibile tra materia e anti-materia: nessuna particella carica può avere comportamenti ondulatori se non forma almeno una sorgente con particelle di segno opposto e, dato che una coppia è per definizione formata da una carica e dalla sua anticarica, dal momento in cui una coppia è creata, se lo spin fosse quello giusto, ciascuna particella manterrebbe tramite la propria sorgente un legame indissolvibile con la propria compagna. Un legame tra "materia" e "antimateria" indipendente dalla distanza e dall'energia.
In un tale universo formato da coppie di particelle ed anti-particelle, trascorso un tempo adeguato dalla creazione ogni particella materiale interagirebbe con ogni altra antiparticella, mettendo di fatto a disposizione di ogni sorgente una quota della propria energia e quantità di moto. Si creerebbe così un collegamento tra tutta la "materia" e la "anti-materia" dell’universo. La creazione di una multi–sorgente e la definizione dello stato di spin erano perciò la chiave per descrivere una particella materiale come una sovrapposizione di onde reali emesse da altrettante sorgenti e non di onde vuote di probabilità come previsto in meccanica quantistica. Lo stato dinamico complessivo di ciascuna particella, verrebbe in questo caso descritto da una sovrapposizione di stati dinamici compatibili con tutte le sorgenti create, quindi con le altrettante onde che sovrapponendosi andrebbero a formare il pacchetto d'onde che le descrive. (continua mercoledì prossimo)
[1] La massa è la misura dell'inerzia di un corpo
Bibliografia
(1) M.Auci. “A Conjecture on the physical meaning of the transversal component of the Poynting vector”. Phys. Lett. A 135 (1989) 86.
(2) M.Auci. “A Conjecture on the physical meaning of the transversal component of the Poynting vector. II. Bounds of a source zone and formal equivalence between the local energy and photon”. Phys. Lett. A 148 (1990) 399.
(3) M.Auci. “A Conjecture on the Physical meaning of the transversal component of the Poynting vector. III. Conjecture proof and physical nature of fine structure constant”. Phys. Lett. A 150 (1990) 143.
GIA' PUBBLICATE
1. - Introduzione
2. - La frontiera
Post a Comment