OLTRE LA FRONTIERA QUANTISTICA: UNA STORIA APPASSIONANTE
Massimo Auci
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(Parte quinta)
5. - Le costanti di Planck e di struttura fine
Nel 1989 il modello era ormai completo. Quell’anno fu particolarmente proficuo. Lo stimolo continuo del collega e amico Gianfranco Bologna a non arrendermi e ad applicare il modello a ogni aspetto della fisica quantistica e il contemporaneo inizio di una lunga collaborazione scientifica oltre che di un amicizia con Guido Dematteis, mi aiutarono piano piano ad eliminare tutte le perplessità che ancora personalmente avevo sulla realtà del quadro fisico che si stava delineando. Nei primi anni di lavoro, nonostante la personale convinzione di essere sulla buona strada, avevo ancora numerosi dubbi, soprattutto sulla correttezza dei metodi fisico-matematici che avevo dovuto sviluppare e mettere a punto per raggiungere i risultati ottenuti. I dubbi per la maggior parte erano generati dal comprensibile scetticismo che leggevo quotidianamente nel comportamento di molti colleghi, a volte tanto radicale da spingerli al rifiuto a priori dell’idea che l’elettromagnetismo potesse nascondere tra le sue equazioni, proprio i principi fondanti della Meccanica Quantistica e tanto meno, potesse permettere la valutazione teorica delle costanti di Planck e di struttura fine: due costanti storicamente “distanti” dal contesto elettromagnetico ondulatorio in cui la teoria di Maxwell si era sviluppata.
Fra le tante questioni aperte, cercavo di provare senza ombra di dubbio che non si trattasse di una tautologia, come alcuni fisici teorici stavano ipotizzando. L’ipotesi fatta era che in qualche modo, inavvertitamente, avessi introdotto nel modello, nascosti sotto mentite spoglie, proprio i concetti quantistici che poi si ottenevano come conseguenze di fenomenologie elettromagnetiche. Il mio timore era che avessero ragione e che il modello fosse realmente una sorta di trucco da illusionista in cui mi ero imbattuto, ma non era così.
In quegli anni mi capitava spesso di presentare frammenti del mio lavoro nei congressi della Società Italiana di Fisica o di essere invitato presso alcune università per tenere conferenze e illustrare il modello e i suoi risultati, che per quanto ottimi, non riuscivano mai a convincere fino in fondo i colleghi. Uno per molti è il caso di Nicola Cabibbo: importante fisico teorico italiano che non ho mai avuto il piacere di incontrare personalmente, ma che dopo aver letto i miei appunti, per la verità all'epoca ancora rozzi, mi fece sapere tramite Mario Iannuzzi, con il quale era in atto un tentativo di produre un lavoro in collaborazione, che a parer suo l’elettrodinamica quantistica era già sufficientemente corretta nelle previsioni, da non dover richiedere ulteriori indagini, tanto meno era il caso di indagare sulla natura di una costante come quella di Planck, nota e sperimentalmente misurabile. Non aggiungo altro.
In quegli anni mi capitava spesso di presentare frammenti del mio lavoro nei congressi della Società Italiana di Fisica o di essere invitato presso alcune università per tenere conferenze e illustrare il modello e i suoi risultati, che per quanto ottimi, non riuscivano mai a convincere fino in fondo i colleghi. Uno per molti è il caso di Nicola Cabibbo: importante fisico teorico italiano che non ho mai avuto il piacere di incontrare personalmente, ma che dopo aver letto i miei appunti, per la verità all'epoca ancora rozzi, mi fece sapere tramite Mario Iannuzzi, con il quale era in atto un tentativo di produre un lavoro in collaborazione, che a parer suo l’elettrodinamica quantistica era già sufficientemente corretta nelle previsioni, da non dover richiedere ulteriori indagini, tanto meno era il caso di indagare sulla natura di una costante come quella di Planck, nota e sperimentalmente misurabile. Non aggiungo altro.
Lo sviluppo teorico del modello e la scoperta di una prova convincente arrivò solo dopo il 1985 ma fu il 1989 l’anno migliore, in quanto punto dopo punto riuscii a dimostrare la totale assenza dei cosiddetti “trucchi” da illusionista e soprattutto riuscii finalmente ad essere convincente anche per me stesso.
La raggiunta completa equivalenza tra sorgente elettromagnetica dipolare e fotone, permise di ottenere risultanti concettualmente strabilianti e sicuramente nuovi nell’ambito della comprensione del legame tra fenomeni elettromagnetici e fenomeni quantistici. Formalmente e quantitativamente, il calcolo dell’energia e della quantità di moto associate alla componente locale del campo elettromagnetico del dipolo era in accordo con quanto previsto per l’energia e la quantità di moto di un fotone: la costante d’azione era oltre ogni ragionevole dubbio proprio la costante di Planck, generata durante la formazione della sorgente dall’accoppiamento elettromagnetico di una carica con il campo della carica compagna.
Storicamente, la nascita della meccanica quantistica può essere fatta risalire al 1900 ad opera di Max Planck che introdusse la cosiddetta prima quantizzazione come ipotesi ad hoc, nel tentativo di dare una spiegazione alle anomalie dello spettro della radiazione di corpo nero, non giustificabili nel quadro della teoria elettromagnetica standard. L’idea era che gli scambi energetici tra materia e radiazione elettromagnetica in equilibrio termodinamico, fossero possibili solo se prodotti in multipli di quantità proporzionali alla frequenza della radiazione: i cosiddetti “quanti”, ora chiamati fotoni. All’epoca, tale ipotesi si rivelò il solo modo di giustificare teoricamente l’intensità dello spettro di corpo nero, senza peraltro riuscire a comprenderne il vero significato. La valutazione della costante poteva essere possibile solo per via sperimentale e così continuò ad esserlo per i successivi 90 anni. Ora i risultati del modello, oltre a sconvolgere la “fondamentalità” della costante d’azione, per la prima volta ne prevedevano il valore con una precisione comparabile a quella sperimentale. La costante di struttura fine poi, compariva nel modello in modo del tutto indipendente da ogni altra costante e possedeva come unica incertezza quella del calcolo numerico. In pratica i valori teorico e sperimentale coincidevano. Ciò, da una parte privava la costante di Planck, intendo quella storica, del ruolo di “costante fondamentale”, dall’altra a pieno titolo lo passava alla costante di struttura fine “alfa”, con la sola differenza che il valore anziché essere ottenuto sperimentalmente era perfettamente calcolabile per via teorica.
Nel 1990 terminò la faticosa opera, iniziata nel 1989, di pubblicazione del modello e della congettura quanto-elettromagnetica su una delle più prestigiose riviste internazionali specializzate: il modello era finalmente oggetto dell’attenzione della comunità scientifica mondiale. Le potenzialità inattese dell’elettromagnetismo sembravano a quel punto poter dare alla Meccanica Quantistica e a tutte le teorie quantistiche correlate, delle basi sicuramente più forti, trasformando il modello in un vero e proprio “ponte” concettuale e fenomenologico tra elettromagnetismo e meccanica quantistica, ma le sorprese non erano ancora finite. (continua mercoledì prossimo)
Bibliografia
(1) M.Auci. “A Conjecture on the physical meaning of the transversal component of the Poynting vector”. Phys. Lett. A 135 (1989) 86.
(2) M.Auci. “A Conjecture on the physical meaning of the transversal component of the Poynting vector. II. Bounds of a source zone and formal equivalence between the local energy and photon”. Phys. Lett. A 148 (1990) 399.
(3) M.Auci. “A Conjecture on the Physical meaning of the transversal component of the Poynting vector. III. Conjecture proof and physical nature of fine structure constant”. Phys. Lett. A 150 (1990) 143.
(1) M.Auci. “A Conjecture on the physical meaning of the transversal component of the Poynting vector”. Phys. Lett. A 135 (1989) 86.
(2) M.Auci. “A Conjecture on the physical meaning of the transversal component of the Poynting vector. II. Bounds of a source zone and formal equivalence between the local energy and photon”. Phys. Lett. A 148 (1990) 399.
(3) M.Auci. “A Conjecture on the Physical meaning of the transversal component of the Poynting vector. III. Conjecture proof and physical nature of fine structure constant”. Phys. Lett. A 150 (1990) 143.
GIA' PUBBLICATE
1. - Introduzione
2. - La frontiera
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