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ORTORESSIA: UN NUOVO DISTURBO ALIMENTARE?

Esistono poche informazioni in merito all'ortoressia nervosa in quanto questa nuova definizione non è universalmente accettata e i criteri diagnostici non sono ancora stati validati.

Ragazza con disturbi alimentari - Shutterstock 
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Steven Bratman definì questo concetto per la prima volta nel 1997. 

Questo disturbo non è presente nel DSM IV e nell'ICD-10, mentre lo ritroviamo nel DSM V dove viene inserito insieme all'anoressia sotto la categoria "disturbi evitanti e restrittivi dell'alimentazione".

Che cos'è e come si manifesta?

L'ortoressia, diversamente da anoressia, bulimia e iperalimentazione non si focalizza sulla quantità di cibo assunto, ma sulla sua qualità.

Sono anche presenti alcuni comportamenti caratteristici come: l'evitamento di cibi non controllati, evitamento delle situazioni sociali che espongono al non controllo dei cibi, convinzione fideistica delle proprie scelte.
Oltre a ciò si potrebbe aggiungere che chi soffre di questa patologia vuole preparare i cibi in una certa maniera, o evitare alcuni alimenti o gruppo di alimenti in quanto considerati dannosi per la salute.
il fatto di voler consumare cibi sani non è un comportamento disturbante in sé, ma lo diventa quando interferisce con un normale stile di vita e il consumo di alimenti è accompagnato da paura e preoccupazione rispetto alla salute e alla qualità del cibo.

Quali pensieri sono maggiormente presenti in chi soffre di ortoressia?

Possiamo dividere i pensieri che maggiormente riscontriamo in chi soffre di ortoressia in alcune categorie: la salubrità del cibo, i metodi di preparazione, cosa mangiare.

I pensieri che riguardano la presenza di residui di pesticidi nei cibi e gli OGM, i cibi poco salutari per il loro contenuto di sale, zucchero o altri componenti, per esempio il glutammato.

irrorazione di pesticidi in un campo - Shutterstock 

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In merito alla preparazione del cibo l'attenzione viene posta sui materiali impiegati per cucinarli.

I pensieri su cosa mangiare possono portar via diverso tempo. Possiamo suddividerli in quattro fasi:

- cosa mangiare oggi o nei prossimi giorni;
- la valutazione, anche critica, degli ingredienti;
- i metodi di preparazione;
- valutazione rispetto all'esecuzione delle tre fasi precedenti, che può generare soddisfazione o colpa.

Le parole maggiormente diffuse tra gli ortoressici sono: pericoloso in riferimento a prodotti conservati o trattati con pesticidi di sintesi, artificiale in riferimento ai prodotti industriali, sano con riferimento a cibi ritenuti biologici, ovvero non coltivati senza l'uso di pesticidi. spesso ignorando che i pesticidi sono consentiti anche in agricoltura biologica, ma a dosaggi diversi.

Le emozioni che accompagnano il consumo di cibo quando è presente un forte desiderio di mangiare possono essere: eccitazione, paura, preoccupazione, felicità, colpa.

Nell'ortoressia il cibo diventa l'unico o predominante fattore che permette di essere sani.

Alimentazione e disturbi - Shutterstock 

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Quali sono gli strumenti per la valutazione diagnostica?

Oltre ai colloqui clinici è possibile utilizzare il Bratman's orthorexia test (BOT) utile per la diagnosi precoce. Donini e collaboratori hanno creato in Italia l'ORTO-15 test, che deriva da quello di Bratman, ma con un ampliamento delle domande, misura il livello di sensibilità rispetto al tema della salute e della nutrizione. Il test di Donini valuta l'ortoressia in termini emotivi e razionali, per questa ragione alcune domande concernono l'area cognitiva-razionale, altre l'area clinica e altre l'area emotiva.

Qual è la diffusione del disturbo?

Da uno studio di Donini su 404 persone è emerso che circa il 17% delle persone si potevano definire come "fanatici del cibo" e che circa il 7% di coloro che hanno risposto all'indagine erano affetti da ortoressia. La patologia risulta essere ampiamente più diffusa tra gli uomini.
Gli studi mostrano che l'ortoressia è in crescita.

Quali possono essere le cause?

L'ortoressia tende a presentarsi maggiormente in contesti economici e culturali di medio/alto livello, in personalità perfezioniste, tendenti al controllo e/o tra coloro che sentono maggiormente la pressione sociale, in coloro che hanno un'immagine disturbata del proprio corpo. Spesso le informazioni vengono prese dai media senza un controllo sulle fonti.
Chi soffre di ortoressia arriva da storie di vita caratterizzate da inadeguate dal punto di vista delle cure e della protezione. La persona attraverso il controllo sulla qualità del cibo tenda di darsi autocure e protezione.

Possiamo trovare la patologia anche in chi ha avuto una diagnosi di malattia fisica che lo ha costretto a cambiare abitudini alimentari, in quanto il "cibo solitamente consumato" è diventato dannoso per lui. La mancata elaborazione a livello emotivo di ciò che comporta questo tipo di diagnosi può generare una problematica psicologica di tipo alimentare.
Talvolta l'ortoressia è rivolta verso i propri figli, i quali devono consumare cibi sani, biologici e controllati.

L'intervento?

L'intervento può essere multi disciplinare a seconda della gravità del disturbo. Possono essere coinvolti psichiatri, psicoterapeuti, nutrizionisti. Le terapie di tipo cognitivo-comportamentale sembrano dare maggiori benefici.


Fonti:
Donini LM, Marsili D, Graziani MP, Imbriale M, Cannella C. Orthorexia nervosa: A preliminary study with a proposal for diagnosis and an attempt to measure the dimension of the phenomenon. Eat Weight Disord. 2004; 9(2): 151–157.

Bartrina JA. Ortorexia o la obsesión por la dieta saludable. Archivos Latinoamericanos de Nutrición 2007; 57(4): 313–315.

Donini LM, Marsili D, Graziani MP, Imbriale M, Cannella C. Orthorexia nervosa: Validation of a diagnosis questionnaire. Eat Weight Disord. 2005; 10(2): 28–32.

Ramacciotti CE, Perrone P, Coli E, Burgalassi A, Conversano C, Massimetti G, Dell’Osso L. Orthorexia nervosa in the general population: a preliminary screening using a self-administered questionnaire (ORTO-15). Eat Weight Disord. 2011; 16(2): 127–30.

Brytek Matera A. Orthorexia nervosa - an eating disorde, obsessive-compulsive disorder or ditrubed habit? Archives of Psychiatry and Psychotherapy, 2012; 1 : 55–60


      


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